È pacifico il principio per cui l’assemblea, nel corso della medesima riunione, possa decidere di deliberare nuovamente su uno o più argomenti posti all’ordine del giorno già discussi, stante, magari, il ripensamento di un condomino sul voto da lui precedentemente espresso, oppure per il sopraggiungere di altri condòmini prima assenti, e sempre che il presidente proponga (e l’assemblea accetti) di rimettere in votazione il medesimo argomento già discusso. L’importante è che al momento della nuova votazione l’assemblea non sia stata ancora dichiarata chiusa e che sussista sempre il giusto quorum per deliberare. Al singolo condomino non è dato un limite di tempo per partecipare all’assemblea fin tanto che questa sia in corso di svolgimento, dovendo però subire le decisioni definitivamente già assunte.
La discussione che di norma precede la votazione costituisce un presupposto per consentire al singolo condomino di formarsi un maggiore convincimento sul voto che poi andrà a esprimere, tenuto presente che, dopo l’entrata in vigore della legge 220 del 2012, di riforma del condominio, già con il ricevimento dell’avviso di convocazione egli è messo in grado di sapere esattamente su che cosa l’assemblea sarà chiamata a deliberare. Il nuovo articolo 66 delle disposizioni di attuazione del Codice civile è infatti perentorio nel precisare che l’avviso di convocazione deve contenere specifica indicazione dell’ordine del giorno, così che il condomino abbia preventiva cognizione di che cosa si andrà a decidere.
È comunque solo il condomino che lamenta di non avere avuto sufficienti informazioni su quanto deliberato, e non gli altri, che può semmai eccepire l’irregolarità della delibera assunta, non essendo egli peraltro obbligato a partecipare a qualsivoglia discussione precedente le votazioni.