Una scrittura privata non può estendere le attribuzioni dell’amministratore

Un Condòminio proponeva opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti, con riferimento ad un contratto d’appalto intercorso tra lo stesso e due diverse ditte, in qualità di appaltatrice e subappaltatrice; a sostegno del rigetto, il condominio faceva valere:

a) il difetto di prova dell’esecuzione dei lavori;
b) il proprio difetto di legittimazione passiva;
c) l’inopponibilità della scrittura privata firmata

dall’ex amministratrice senza delibera assembleare autorizzativa, nemmeno di successiva ratifica. Per questo la precedente amministratrice veniva chiamata in causa, affinché si facesse garante del condominio, in caso di soccombenza.

La vicenda è stata decisa con la sentenza del Tribunale di Monza 255/2020 che, in primo luogo, ha osservato come non fosse contestabile che con la scrittura privata allegata agli atti di causa, l’amministratrice avesse fatto assumere al condominio un’obbligazione ulteriore e diversa, rispetto a quelle scaturenti dal contratto di appalto stipulato.

Del resto, anche a voler prescindere dal fatto che il condominio avesse dato assenso al subappalto, quello che era rilevante era che – considerato il contenuto della scrittura – il condominio (del tutto estraneo al rapporto tra appaltatore/subappaltatore e fornitore di queste imprese) avesse assunto su di sé il debito per la fornitura del materiale funzionale all’esecuzione delle opere appaltate.
Né poteva rilevare che il condominio si fosse riservato il diritto di trattenere parte dell’importo, dal momento che, da un lato, questa “cautela” è neutra rispetto all’assunzione di un’obbligazione nuova per oggetto (il pagamento del corrispettivo dell’appalto non è assimilabile a quello della fornitura del materiale occorrente per l’esecuzione dei lavori) e per soggetto (si è già detto, la gestione condominiale aveva quale sua controparte negoziale unicamente l’appaltatrice); d’altro lato, per il committente, trattenere una certa quota del prezzo dovuto alla ditta appaltatrice non comporta affatto l’indifferenza dell’obbligo di versamento diretto al fornitore del valore del materiale destinato all’esecuzione dell’appalto.

Queste considerazioni hanno portato ad escludere che l’amministratrice del condominio potesse essere considerata titolare del potere di sottoscrivere una scrittura, per assicurare l’esecuzione della precedente delibera con la quale l’assemblea aveva approvato gli interventi di manutenzione straordinaria oggetto dell’appalto.

La firma della scrittura privata in sostanza eccedeva dalle attribuzioni proprie dell’amministratore condominiale di cui all’articolo 1130 Codice civile (e, conseguentemente, i poteri di rappresentanza a questi spettanti per gli articoli 1131- 1388 Codice civile), e avrebbe potuto essere efficace nei confronti del condominio solo se il mandante fosse stato preventivamente autorizzato dall’assemblea ad assumere l’impegno a pagare direttamente alla subappaltatrice, ovvero nel caso di ratifica da parte dell’assemblea dell’operato dell’amministratore, attraverso una delibera, con la quale – pure implicitamente,
ma in modo non equivoco – i condomini avessero approvato il contenuto della scrittura.

Al contrario, non essendoci questa autorizzazione/ratifica dell’organo assembleare, l’impegno di pagamento contenuto nella scrittura, posto a base del credito, è inefficace nei confronti del condominio opponente (Cassazione numero 1734 del 1990 e numero 20136 del agosto 2017).

Nel caso specifico, infatti, è risultata assente sia l’autorizzazione preventiva, sia la ratifica
successiva.

La condanna per ingiustificato arricchimento
Inoltre, l’appaltatrice aveva anche chiesto la condanna della controparte al versamento di una somma ai sensi dell’articolo 2041 Codice civile, prospettando un “arricchimento” del condominio ed un proprio “depauperamento”, visto che il primo si era avvantaggiato dei materiali utilizzati per gli interventi
di manutenzione di cui al contratto d’appalto, con correlativo pregiudizio per la ditta, alla quale non era stato corrisposto il valore dei materiali da parte della ditta incaricata di eseguire le opere oggetto d’appalto.

La domanda è stata respinta per un duplice ordine di ragioni:
a) ponendosi nell’ottica dell’azione generale di arricchimento di cui all’articolo 2041 Codice civile, non conta tanto la circostanza che il materiale fornito sia stato consegnato presso il cantiere delle opere condominiali e lì utilizzato, ma, piuttosto, la valutazione del valore effettivo delle opere eseguite dalla ditta appaltatrice/subappaltatrice a fronte del prezzo a questa corrisposto dalla committenza e ciò ancor più in un contesto in cui la parte committente ha lamentato tutta una serie di vizi e difetti nell’esecuzione delle opere, terminate, infatti, con intervento di altra impresa;

b) l’azione generale di arricchimento ha carattere sussidiario (articolo 2042 del Codice Civile) e non è stato fornito alcun elemento tale da far concludere nel senso della inesigibilità del credito nei confronti dell’impresa subappaltatrice e di quella appaltatrice, senza che neppure conti l’intervenuta cancellazione dal Registro delle imprese, dal momento che, trattandosi di società in nome collettivo, l’estinzione
dell’ente non fa venir meno la responsabilità solidale ed illimitata di coloro che sono stati soci.

Conclusioni
L’appaltatrice non può vantare alcuna ragione di credito verso il condominio, meritando comunque di essere rimarcato, da un lato, come l’amministratrice abbia agito oltre i limiti di gestione ed il potere di rappresentanza propri della carica rivestita (risultando, così, giustificata l’estensione del contraddittorio) e, d’altro lato, come l’appaltatrice non risulti aver fatto valere l’eventuale responsabilità personale del mandatario ex articolo 1711, comma 1, 2° periodo, Codice civile.

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