Recesso anticipato per infiltrazioni, l’amministratore inerte risarcisce il locatore

In seguito al recesso anticipato del conduttore, materialmente impossibilitato a godere dell’immobile affittato, reso inagibile dai continui allagamenti determinati dalla mancata manutenzione degli impianti comuni di canalizzazione e scolo delle acque piovane, l’amministratore condominiale, inadempiente ai propri doveri, deve risarcire il locatore per il lucro cessante, ossia per le minori entrate realizzate da quest’ultimo, in conseguenza dell’intervenuta disdetta.

Il danno patrimoniale dev’essere, però, commisurato, non alla durata dell’intero contratto, e, dunque, alla data della sua scadenza naturale, ma unicamente al tempo strettamente necessario a ripristinare i locali e a trovare un nuovo conduttore. Questi i rilevanti principi di diritto sanciti dal Tribunale di Bologna, nella sentenza numero 599 depositata in data 11 marzo 2025.

I fatti di causa
Le proprietarie di un immobile ubicato al piano terra di un antico edificio convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Bologna, l’ex amministratore dello stabile, assumendo di essere state gravemente danneggiate dall’inerzia palesata, negli anni precedenti, da quest’ultimo, il quale, con la sua condotta omissiva, aveva determinato il recesso anticipato del loro inquilino. I locali delle parti attrici, infatti, erano stati concessi in locazione a uno scultore di fama internazionale, che avrebbe voluto utilizzarli per il ricovero e l’esposizione occasionale delle sue opere, ma che, di fatto, a causa del pessimo stato di conservazione delle parti comuni, non li ha mai
potuti a ciò destinare.

In particolare, più volte l’immobile era stato oggetto di allagamento per l’occlusione della rete fognaria condominiale, nonché interessato da vaste zone di umidità, muffe ed efflorescenze sulle pareti, distacchi d’intonaco e diffusi fenomeni infiltrativi, tutti riconducibili all’omessa manutenzione della condotta condominiale di raccolta e di scolo delle acque piovane.

L’inerzia dell’ex amministratore
Nonostante i reiterati solleciti inoltrati al convenuto tempo per tempo, sia dalle proprietarie che dall’inquilino, l’ex amministratore si era reso completamente assente e irreperibile, sino al punto di non rispondere più al telefono di studio, né alle richieste d’intervento dei condòmini, tanto da essere revocato dall’assemblea per giusta causa. Nelle more, i locali erano diventati inagibili, e ciò aveva indotto il conduttore a recedere anticipatamente dal contratto in essere.

Le parti attrici, nel citare il convenuto innanzi al Tribunale di Bologna, ne chiedevano, pertanto, previo accertamento di responsabilità, la condanna al risarcimento del danno, consistente nella diminuzione patrimoniale subita, per effetto della perdita della rendita della locazione, da quantificarsi nel minore guadagno realizzato dalla data della risoluzione anticipata, sino alla scadenza naturale del contratto. Nella contumacia del convenuto, la causa veniva istruita mediante l’assunzione di prova testimoniale e, quindi, trattenuta in decisione.

La decisione del Tribunale di Bologna
Il giudice felsineo, con la sentenza numero 599/2025, ha accolto integralmente la domanda proposta dalle attrici, in relazione all’accertamento dell’inadempimento del convenuto, ma ne ha contenuto la quantificazione, restringendo l’arco temporale di riferimento sulla base del quale calcolare l’importo da risarcire.

Nessun dubbio, per il giudicante, può sussistere sul fatto che il convenuto abbia gravemente violato il rapporto fiduciario di mandato che lo vincolava alla compagine condominiale. In conseguenza di quanto stabilito dall’articolo 1710 del Codice civile, infatti, l’inosservanza da parte dell’amministratore dei doveri rientranti nell’ambito delle sue attribuzioni specifiche, come risultanti dagli articoli 1129 e 1130 del Codice civile, è da considerarsi fonte di responsabilità contrattuale. Il mandatario, dunque, risponde a titolo di colpa ogni qualvolta non agisce con la diligenza, non solo del buon padre di famiglia, ma di quella richiesta per la soluzione del caso concreto.

Quando l’inerzia ha causato il danno
Accertato l’inadempimento dedotto dalle attrici, il Tribunale ha, poi, ritenuto che il totale disinteresse manifestato dal convenuto rispetto alla cura e alla gestione delle parti comuni, cui avrebbe dovuto provvedere, sia stato essenziale ai fini della risoluzione anticipata subita dalle locatrici, e, di conseguenza, del verificarsi del lucro cessante, in danno delle proprietarie dei locali inagibili.
Il nesso causale, ad avviso del giudicante, è rinvenibile, nel caso di specie, proprio nel contenuto della lettera di recesso del conduttore, (poi confermato dai testi e dai rilievi fotografici prodotti), il quale ha motivato la disdetta in ragione esclusiva dei problemi strutturali, delle condizioni insalubri dell’immobile, della mancata manutenzione delle fosse biologiche e dell’assenza di ogni tipo di manutenzione dei canali di scolo delle acque piovane.


La ridotta quantificazione del risarcimento
Quanto, invece, all’importo da riconoscersi a titolo risarcitorio, non può trovare integrale accoglimento la domanda delle attrici, che invocavano un indennizzo equivalente all’importo di tutti i canoni mensili di locazione non percepiti, per effetto della risoluzione anticipata, dalla data della disdetta (2017), sino alla naturale scadenza contrattuale (2026).

Ritiene il giudice che sia più corretto ridurre la richiesta, in applicazione dell’articolo 1227 del Codice civile, limitandola al tempo strettamente necessario, per il locatore/creditore di buona fede, a rendere nuovamente agibili i locali e trovare un nuovo inquilino, interessato all’affitto. Domanda accolta, dunque, sia pure limitatamente ai due terzi dell’importo originariamente richiesto e condanna alle spese di giudizio per l’amministratore inadempiente.

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