Il compenso dell’amministratore per la gestione delle parti comuni del condominio è una delle voci più discusse e controverse nell’ambito dei rapporti condominiali. Il comma 14 dell’articolo 1129 del Codice civile, introdotto con la legge di riforma del condominio (220/2012), stabilisce che «l’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta ».
Nel caso in cui il compenso è stato analiticamente specificato al momento della prima nomina, è necessario determinarlo anche in sede di conferma nella carica? La questione è stata affrontata dal Tribunale di Roma con la sentenza 664, pubblicata il 16 gennaio 2023, che ha fornito risposta negativa alla domanda.
Nella vertenza esaminata, quattro condòmini, che avevano deliberato di costituirsi in un supercondominio, agivano in giudizio, unitamente a quest’ultimo, contro la società che aveva amministrato sia i condomìni sia il supercondominio. Gli attori contestavano alla convenuta gravi irregolarità gestorie e contabili oltre alla non debenza dei compensi per l’attività svolta. Su quest’ultimo punto gli attori deducevano che nel verbale di nomina non vi era nessuna indicazione circa il compenso richiesto dall’amministratore per lo svolgimento del mandato conferitogli e nessuna delibera successiva aveva deliberato il rinnovo nell’incarico.
Relativamente al compenso dell’amministratrice per l’attività svolta in favore degli attori, il Tribunale ha dato torto a questi ultimi in quanto i compensi erano stati determinati in sede di conferimento dell’incarico. Nel corso del giudizio erano state prodotte le delibere di approvazione dei bilanci contenenti anche le spese per i compensi spettanti all’amministratore. Dopo aver premesso che occorre evitare interpretazioni eccessivamente formalistiche delle norme, il giudicante ha osservato che la disposizione di cui al comma 14 dell’articolo 1129 del Codice civile, che prevede la specificazione analitica da parte dell’amministratore dell’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta, a pena di nullità della nomina, va interpretata in conformità alla sua ratio, che è quella di evitare che durante il mandato o alla fine di esso, i condòmini possano trovarsi di fronte a richieste economiche da parte dell’amministratore non previamente concordate.
Tale rischio, scrive il giudice capitolino, «non sembra potersi concretizzare quando l’amministratore sia stato confermato nell’incarico, dal momento che – in tal caso – si intende anche implicitamente confermato il suo compenso già noto ai condòmini ed essi non correrebbero il rischio di trovarsi esposti a pretese impreviste». La specificazione analitica del compenso in sede di rinnovo dell’incarico, ha concluso, è requisito di validità della delibera solo nel caso in cui il compenso non sia stato precisato in sede di prima nomina (o comunque precedentemente al momento del rinnovo dell’incarico).