La giurisprudenza di merito torna nuovamente a ribadire la tassatività delle ipotesi di nullità delle delibere
assembleari, riaffermando il principio più volte espresso, anche dallo stesso Ufficio, secondo cui, volendo
sintetizzare, l’annullabilità è la regola mentre la nullità rappresenta l’eccezione.
La vicenda processuale
Con la sentenza 5297 del 2023 pubblicata il 21 luglio 2023, la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale ordinario della capitale 2790 del 2021, impugnata dal condominio appellante che, tra gli altri motivi, chiedeva che la pronuncia fosse riformata per aver il giudice di primo grado, erroneamente, ritenuto nulla la delibera assembleare con cui, a maggioranza, erano stati modificati i
criteri di ripartizione delle spese comuni in violazione di quanto disposto dall’articolo 1123 Codice civile.
Il condominio, infatti, censurava la sentenza impugnata nella parte in cui sanciva la nullità della delibera
per i capi relativi all’approvazione dei consuntivi relativi agli anni 2015 e 2016, in quanto derogatori rispetto alle tabelle vigenti, assumendo che si tratterebbe di criteri già applicati e non contestati e, dunque, ritenendo che la delibera predetta non fosse affetta da alcun vizio.
I casi di nullità
Secondo la Corte d’appello di Roma, invece, correttamente il giudice di primo grado ha posto a fondamento della sua decisione il principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, in virtù del quale «devono considerarsi affette da nullità le delibere condominiali attraverso le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall’articolo 1123 Codice civile o dal Regolamento condominiale contrattuale, essendo necessarie per esse, il consenso unanime dei condòmini (tra le altre, Cassazione 19651 del 2017, nonché, per un caso di ripartizione delle spese di un servizio tra i soli condòmini utenti, Cassazione 7459 del 2015)».
I precedenti
La questione è stata già affrontata dallo stesso Tribunale, con la recente sentenza 6361 depositata il 27
aprile 2022, con cui veniva evidenziato il principio ormai chiarito dalle Sezioni unite della Cassazione
secondo cui, come sopra detto in sintesi, è l’annullabilità la regola e non la nullità ipotesi, quest’ultima solo residuale ed applicabile in casi tassativi. Infatti, va ribadito il principio secondo cui la nullità attiene in
particolare a quei vizi talmente radicali da privare la deliberazione di cittadinanza nel mondo giuridico.
Per l’effetto di tale ragionamento, sono affette da nullità, deducibile in ogni tempo da chiunque vi abbia
interesse, le deliberazioni dell’assemblea dei condòmini che mancano in origine degli elementi costitutivi
essenziali, quelle che hanno un oggetto impossibile in senso materiale o in senso giuridico dando luogo, in questo secondo caso, ad un difetto assoluto di attribuzioni e quelle che hanno un contenuto illecito, ossia contrario a norme imperative o all’ordine pubblico o al buon costume; «al di fuori di tali ipotesi, le
deliberazioni assembleari adottate in violazione di norme di legge o del regolamento condominiale sono
semplicemente annullabili e l’azione di annullamento deve essere esercitata nei modi e nel termine di cui
all’articolo 1137 Codice civile (Cassazione Sezioni unite 9839 del 2021).
Le delibere relative al riparto spese
Questo principio che limita la nullità delle delibere ad ipotesi davvero marginali, è altresì applicabile alle
delibere di approvazione del riparto che, infatti, nel caso trattato dalla sentenza 5297/23, ha trovato pari
applicazione. Pertanto, occorre ribadire che sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano
stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da
valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell’assemblea previste dall’articolo
1135, numeri 2) e 3), Codice civile e che è sottratta al metodo maggioritario.
Al contrario, sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i
condòmini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate senza modificare i
criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, ma in violazione degli stessi, trattandosi di
deliberazioni assunte nell’esercizio delle dette attribuzioni assembleari, che non sono contrarie a norme
imperative, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall’articolo
1137, secondo comma, Codice civile.