Non si può usucapire il cortile acquistato con preliminare


Normalmente il contratto definitivo di vendita di un immobile viene preceduto dalla stipula di un contratto preliminare con cui le parti fissano le condizioni dell’accordo ovvero: oggetto della compravendita, prezzo e modalità di pagamento, data di stipula dell’atto definitivo. Il preliminare, peraltro, contiene una serie di clausole accessorie e, spesso e volentieri, prevede che il bene venga consegnato al promesso acquirente prima della stipula dell’atto definitivo. Capita che, per un motivo o per l’altro, l’atto definitivo non venga stipulato nei tempi previsti per cui il bene rimane nella disponibilità del promesso acquirente. In caso in esame prende le mosse proprio da una situazione di questo genere.

Il caso in esame
Un condomino chiede al giudice di voler accertare e dichiarare l’avvenuto acquisto per usucapione di una parte del cortile. La domanda trova il proprio fondamento su un contratto preliminare relativo al bene in contestazione che, come spesso avviene in casi analoghi, prevedeva la consegna immediata dell’immobile in favore del promesso acquirente ed il successivo trasferimento della proprietà con atto definitivo. Tribunale e Corte d’appello si muovono a senso unico e rigettano la domanda.

I motivi del diniego: possesso o detenzione?
La tesi del condòmino è chiara: con il preliminare di vendita ha acquistato il possesso dell’immobile; tale possesso è stato esercitato in maniera indisturbata per un ventennio quindi… il bene è stato usucapito! Il Tribunale non è dello stesso avviso; ritiene che il preliminare di vendita non abbia trasferito al promesso acquirente il possesso del bene, bensì la semplice detenzione dello stesso. Secondo il giudice il contratto concluso prevedeva un duplice effetto: da un lato, la promessa di procedere al trasferimento della proprietà dell’immobile, dall’altro, un semplice comodato d’uso, in virtù del quale il promesso venditore aveva trasferito al promesso acquirente la semplice detenzione del bene (e non il possesso).

La Corte d’appello rincara la dose
Non solo il promesso acquirente non avrebbe dimostrato d’aver acquisito il possesso del bene, ma neanche avrebbe avuto la possibilità di acquisirlo in quanto l’immobile era gravato da vincolo ex Legge n. 1089 del 1939. In altre parole, trattandosi di un bene sottoposto a vincolo storico ed artistico, l’acquisto sarebbe stato sottoposto al possibile esercizio della prelazione.

Le pretese appaiono incongruenti
In sostanza, i giudici di merito respingono la domanda in quanto il condòmino non avrebbe fornito alcuna prova sull’esercizio indisturbato del possesso. Sotto questo profilo, giudicano irrilevanti gli elementi probatori forniti dall’interessato: l’avere avuto le chiavi, aver effettuato la manutenzione, aver utilizzato il bene, la mancata riconsegna dell’immobile alla scadenza del termine fissato per la stipula dell’atto definitivo, il riconoscimento del dominio da parte di terzi, sarebbero tutte circostanze irrilevanti al fine dell’intervenuta usucapione in quanto non sarebbero sintomatiche dell’intervenuto possesso indisturbato protrattosi per il termine ventennale previsto dalla legge.

Possesso e detenzione
La partita, in sostanza, si gioca sulla distinzione tra possesso e detenzione. Secondo l’art. 1140, primo comma, cod. civ., il possesso è il potere materiale sulla cosa manifestato attraverso un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Il secondo comma prevede la possibilità di possedere il bene anche in via indiretta, ossia “per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa”. Possesso e detenzione, quindi, sono situazioni diverse, per cui il possessore ha il controllo sulla cosa che gli appartiene mentre il detentore gestisce il bene di proprietà altrui. La detenzione, poi, viene definita “qualificata” quando è legittimata da un titolo.

Facciamo un esempio: il conduttore è detentore qualificato del bene in quanto la detenzione di fatto dell’immobile è imputabile ad un contratto in virtù del quale il locatore ha provveduto alla consegna del bene. Anche il ladro ha la detenzione del bene ma, ovviamente, non sarà una detenzione qualificata in quanto il bene sarà stato sottratto al legittimo proprietario. Secondo i giuristi, possesso e detenzione si differenziano rispetto alla posizione psicologica del soggetto: il possessore sa di gestire un bene che gli appartiene (per esempio, il proprietario sa di utilizzare un bene proprio), mentre il detentore utilizza un bene che sa essere di proprietà di un terzo (per esempio, nella locazione, il conduttore sa bene che può disporre del bene, ma sa altrettando bene che l’immobile è di proprietà del locatore).

La tesi del condòmino
La vicenda, come dicevamo, si fonda su come valutare il rapporto col bene nel caso in cui il preliminare di vendita preveda la consegna anticipata. Secondo la giurisprudenza tradizionale, il promesso acquirente a cui viene consegnato il bene prima della stipula dell’atto definitivo di vendita, acquista la semplice detenzione qualificata dalla cosa; in altre parole, ha la gestione di un bene che sa di non aver ancora acquistato e che si trova ancora nel patrimonio del promesso venditore.
Il condòmino cerca di confutare questa prospettazione delle cose proponendo una propria interpretazione della situazione. A suo parere il preliminare che prevede la consegna del bene prima della stipula dell’atto definitivo non “anticipa gli effetti dell’atto” (ovvero non trasferisce in via anticipata la consegna) ma “anticipa la prestazione” del venditore che trasferisce al promesso acquirente, in via anticipata, il possesso dell’immobile. Per giungere a questo risultato, secondo il condòmino, è necessario indagare la volontà delle parti che, nel caso in esame, avrebbero voluto trasferire al promesso acquirente, in via anticipata, il possesso dell’immobile.

La Cassazione conferma il verdetto
La Corte di Cassazione (Sez. II civ., ordinanza del 30 aprile 2021 n. 11470) rigetta il ricorso confermando il verdetto dei giudici di legittimità. La decisione trova il proprio fondamento sulla circostanza che alla Cassazione è riservato solo un sindacato sulla legittimità della sentenza impugnata mentre, nel caso in esame, si tratterebbe di esprimersi su una interpretazione di un contratto ad effetti obbligatori ovvero su circostanza rientranti nel merito del problema. Il verdetto, non trascura l’ormai consolidata giurisprudenza che prende spunto dall’intervento sulla materia da parte della Sezioni Unite (27 marzo 2008, n. 7930). Secondo la giurisprudenza (Cass. Sez. II Civ., 16 marzo 2016, n. 5211; Cass. Sez. II Civ., 25 gennaio 2010, n. 1296; Cass. Sez. II Civ., 26 aprile 2010, n. 9896) quando nel preliminare di vendita, viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica
un’anticipazione degli effetti traslativi del possesso. Verrebbe trasferita, più semplicemente, la detenzione qualificata dell’immobile a seguito di un comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare ad effetti obbligatori.

Di conseguenza, nel caso in esame, il promesso acquirente, non avendo conseguito il possesso del bene (ma la semplice detenzione dello stesso) non potrebbe invocare, a proprio vantaggio, l’intervenuta usucapione.

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