Non sempre il cortile di uno stabile deve ritenersi bene condominiale


Il cortile è il centro della vita condominiale, eppure potrebbe non essere una parte comune. Si arricchisce di una nuova puntata la disputa sulla natura giuridica di una corte tra edifici: nel qual caso tra chi ne rivendica la proprietà esclusiva e chi invece, per contro, ne attribuisce ruolo e rilievo condominiale. Al centro della disputa in questione spunta l’articolo 1117 Codice civile, rispetto al quale la Cassazione con l’ordinanza 13317 del 19 aprile 2022 ne precisa la portata e gli effetti nel quadro di una causa di rivendicazione sul relativo dominio.

La funzione del cortile
I giudici di legittimità, con il provvedimento in disamina, intanto contestualizzano il cortile in quanto ne precisano la funzione, cioè quella di dare luce e spazio tra gli edifici. I cortili comuni, invero, assolvendo alla precipua finalità di dare aria e luce agli immobili circostanti, sono utilmente fruibili a tale scopo dai condòmini stessi, cui spetta la facoltà di praticare aperture che consentano di ricevere, appunto, aria e luce da essi o di affacciarsi sullo stesso, senza incontrare le limitazioni prescritte, in materia di luci e vedute, a tutela dei proprietari degli immobili di proprietà esclusiva.

Ma, non solo. Gli ermellini vanno oltre: e hanno cura di precisare che la destinazione della corte comune può essere sfruttata diversamente rispetto a quella originaria impressa dal costruttore, sì da ricavarne un parcheggio, posto a servizio soggettivo dei condòmini; i quali saranno sempre in grado di sfruttarlo come tale ancorché non siano promotori della realizzazione. Per cui – come è stato segnatamente precisato – la realizzazione delle autorimesse nel cortile condominiale, sia pure in base ad una concessione rilasciata su richiesta di alcuni condòmini, può determinare, in assenza di accordo rivestente la forma scritta, l’acquisto, per accessione e pro-indiviso, in favore di tutti i condòmini.

Il criterio di attribuzione della proprietà del bene
La preesistenza di un cortile, nondimeno, può essere riservata al dominio di un titolare estraneo al condominio solo in un caso: vale a dire quello della preesistenza di un titolo di proprietà che esplicitamente sottrae l’area in disamina dalla cernita delle «parti comuni”. L’articolo 1117 Codice civile, invero, non introduce una presunzione di appartenenza comune di determinati beni a tutti i condòmini, ma fissa un criterio di attribuzione della proprietà del bene, che è suscettibile di essere superato mediante la produzione di un titolo che dimostri la proprietà esclusiva di quel bene in capo ad un condòmino, o a terzi, ovvero attraverso la dimostrazione che, per le sue caratteristiche strutturali, la cosa sia materialmente asservita a beneficio esclusivo di una o più unità immobiliari.

Conclusioni
Ora, nella fattispecie trattata il ricorrente aveva acquistato da un comune dante causa e nel rispettivo titolo di proprietà non era stato precisato che l’area cortilizia fosse riservata a pertinenza esclusiva dell’immobile compravenduto. In questi termini, il rivendicante non è stato in grado di superare la “regola” di cui al già citato articolo 1117 Codice civile, per come concepita teoricamente dalla pronuncia in commento.

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