Modifica dei criteri di riparto delle spese condominiali a prova di invalidità

La legittimazione all’impugnazione delle delibere condominiali spetta solo ai condòmini assenti, dissenzienti o astenuti.

Sono nulle le delibere che, a maggioranza, stabiliscono o modificano i criteri generali di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi a oggetto la ripartizione in concreto tra i condòmini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell’esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall’articolo 1137, comma 2 del Codice civile. Lo ricorda la Cassazione con l’ordinanza 4301/2025.

La vicenda prende avvio dall’impugnazione di una delibera assembleare con cui il condominio aveva deciso la ripartizione delle spese relative a lavori di manutenzione straordinaria, in particolare sui parapetti dei balconi. Alcuni condòmini, ritenendo errata tale suddivisione, si erano rivolti al Tribunale di Salerno, chiedendo che la delibera fosse dichiarata nulla o annullabile per violazione dei criteri previsti dall’articolo 1123 del Codice civile. Secondo i ricorrenti, infatti, l’importo a loro carico riguardava interventi su beni comuni e non di proprietà esclusiva, come invece deliberato dall’assemblea. Inoltre, contestavano la validità della delibera per mancata unanimità nell’approvazione dei criteri di riparto.

Il Tribunale di Salerno aveva accolto le loro ragioni, annullando la delibera proprio perché difforme dalle disposizioni dell’articolo 1123 del Codice civile.

Tuttavia, il condominio aveva impugnato la decisione, sollevando due principali obiezioni: la presunta carenza di legittimazione attiva dei condòmini, che non avevano contestato la decisione in assemblea, e la correttezza della ripartizione, trattandosi – a loro dire – di spese relative a parti di proprietà esclusiva.

La Corte d’appello di Salerno aveva accolto l’impugnazione e ribaltato la sentenza di primo grado, dichiarando l’assenza di legittimazione attiva dei condòmini ricorrenti. Secondo la Corte, infatti, in base a quanto previsto dall’articolo 1137 del Codice civile, possono impugnare una delibera solo i condòmini assenti, dissenzienti o astenuti. Nel caso di specie, invece, dal verbale assembleare risultava che i condòmini in questione avevano partecipato tramite delega e approvato la delibera, senza esprimere dissenso o astenersi.

La questione è quindi arrivata in Cassazione, che ha confermato la decisione della Corte d’appello. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato: la legittimazione all’impugnazione delle delibere condominiali spetta solo ai condòmini assenti, dissenzienti o astenuti (Cassazione, 5611/2019).
Inoltre, hanno richiamato l’orientamento secondo cui il condominio, rappresentato dall’amministratore, è legittimato passivamente a resistere in giudizio senza necessità di un’autorizzazione specifica dell’assemblea (Cassazione, 7095/2017 e Cassazione, 23550/2020).

Infine, la Suprema corte ha condiviso la motivazione della Corte d’appello, osservando che la delibera impugnata si era limitata a concretizzare la ripartizione delle spese per un singolo intervento, senza modificare i criteri generali di riparto. Proprio per questo motivo, era da considerarsi semplicemente annullabile e, come tale, soggetta al termine di decadenza previsto dall’articolo 1137 del Codice civile.

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