La nomina del revisore invece necessita del quorum “qualificato” di almeno 500 millesimi (e della maggioranza degli intervenuti).
Il Tribunale di Napoli con la recente sentenza 26 luglio 2023, numero 7880 ha colto l’occasione di puntualizzare su un aspetto rimasto ancora un po’ sottotraccia nelle dinamiche condominiali e che riguarda, in generale, la cosiddetta “revisione della contabilità” e, in particolare, l’approvazione degli elaborati prodotti dal “revisore” a seguito della sua attività di controllo (che, non di rado, consistono in veri e propri nuovi bilanci “revisionati”).
La natura carsica di tale problematica si giustifica col fatto che l’incarico finalizzato a detta “revisione” viene conferito con una certa riluttanza da parte dei condòmini i quali si trovano costretti tra l’esigenza di
verificare la contabilità pregressa e l’intenzione di evitare nuove spese (quelle del compenso del perito).
Poche, quindi, sono le revisioni della contabilità condominiale e ancor meno le sentenze che si sono occupate della fattispecie.
La nomina del revisore
In ogni caso, al fine di dar sufficiente conto delle coordinate del fenomeno, va in primo luogo ricordato quanto dispone l’articolo 1130 bis Codice civile che, al primo comma, prevede che «l’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell’amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condòmini sulla base dei millesimi di proprietà».
Come si vede, con rapidi tratti di testo, l’articolo del codice riesce a regolamentare quasi completamente la “revisione della contabilità condominiale” sancendo che:
- La nomina del revisore della contabilità è di competenza dell’assemblea;
- Può essere adottata in qualsiasi momento della gestione dell’edificio;
- Può riguardare una o più annualità di gestione pregresse;
- Le annualità oggetto di revisione devono essere “specificamente identificate” dall’assemblea stessa;
- La nomina del revisore deve avvenire con la stessa maggioranza prevista dal codice per la nomina dell’amministratore del condominio;
- Tale maggioranza, quindi, è quella di cui al comma 2 dell’articolo 1136 Codice civile (la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio sia in prima, sia in seconda convocazione);
- La relativa spesa dev’essere ripartita tra tutti i condòmini in ragione delle relative quote millesimali di proprietà (Ta tabella A).
Il caso della nomina di più revisori
A parte il fatto che tale possibilità non era prevista nel “vecchio” codice civile del 1942 ed è stata introdotta per la prima volta dalla “riforma” di cui alla legge 220/2012 (in vigore dal 18 giugno 2013), l’articolo 1130 bis Codice civile non riesce ad evitare il rischio di qualche lacuna normativa. Nulla ci dice, infatti, sulla possibilità che venga effettuata la nomina di un “collegio” di più revisori, per la quale, invero, non appaiono sussistere impedimenti di sorta anche perché, in definitiva, è sempre l’assemblea condominiale che sarà chiamata a valutare l’esito delle relative verifiche a prescindere dal numero degli elaborati ad essa presentati. In ogni caso, in tale ipotesi sarà opportuno che all’atto della nomina (cioè, del conferimento di incarico) l’assemblea delinei con precisione l’ambito dei poteri conferiti e le dinamiche concrete di funzionamento di tale “organo” temporaneo.
Nulla è detto inoltre sui requisiti personali che il “revisore” dovrà possedere per poter ricevere l’incarico, consentendosi, di conseguenza, che possa essere scelto tra i condòmini oppure anche tra gli estranei, senza necessità (ma certamente opportunità) che abbia delle specifiche professionali. In definitiva, su tale ultimo aspetto, se la contabilità condominiale può essere redatta senza le formalità rigorose previste per le “società” (come pacifica giurisprudenza da sempre insegna: sul punto, Cassazione 14 febbraio 2017 n. 3892; 23 gennaio 2007, n. 1405; 7 luglio 2000, n. 9099) è anche possibile che un “semplice” condomino sia incaricato della sua revisione.
Il quorum per approvare la revisione
A tale insieme di utili precetti, il Tribunale di Napoli ne aggiunge un altro, ponendo l’accento su una differenza che, invero, non era di difficile intuizione: una cosa è la nomina del “revisore”, un’altra è la delibera che successivamente approva i suoi elaborati. La prima necessita del quorum “qualificato” di almeno 500 millesimi (e della maggioranza degli “intervenuti”) la seconda no.
La Corte partenopea, invero, è avara di ulteriori specificazioni sul punto, e non ci spiega di più in merito a tale differenza ma risulta ugualmente evidente che tale affermazione non può che fondarsi sulla natura specifica dell’esito dell’attività del “revisore” e che, stante le sue precipue caratteristiche, non rientra in nessuna delle ipotesi per le quali il codice prevede quorum maggioritari “qualificati”.
Infatti e a ben vedere, il risultato di qualunque “revisione” contabile non è altro che un “rendiconto” modificato, corretto o integrato (cioè, appunto, “revisionato”) che, in quanto tale, può ben essere approvato dall’assemblea (come qualsiasi altro bilancio) con la maggioranza «non qualificata» del comma 3 dell’articolo 1136 Codice civile (vale a dire «dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio»).
Conclusioni
In conclusione, non siamo di fronte ad un trattamento ingiustificatamente differenziato dello stesso fenomeno ma solo all’applicazione di conseguenze che sono già nelle norme: la nomina del revisore dev’essere sorretta da un’ampia “fiducia” da parte dei condomini mentre l’approvazione dei bilanci “revisionati” va agevolata e quindi consentita con quorum inferiori in quanto configurano un importante strumento di gestione dell’edificio.