La delibera con cui l’assemblea assume alle dipendenze del condominio un lavoratore che attenda all’esecuzione di piccole manutenzioni non rientra negli atti di straordinaria amministrazione per cui non necessita della maggioranza qualificata prevista dall’articolo 1136, comma 5, del Codice civile.
È l’interessante precisazione della Corte di appello di Lecce resa con sentenza 715 pubblicata il 12 settembre 2023.
Il caso
Una condomina convenne il proprio condominio dinnanzi al Tribunale di Brindisi impugnando la delibera con cui l’assemblea aveva deciso di assumere un lavoratore subordinato con mansioni di manutentore delle parti comuni. L’ente condominiale si costituiva avversando ogni pretesa. Il tribunale annullava l’opposta delibera. Il condominio gravava la pronuncia dinnanzi alla Corte di appello di Lecce. La condomina appellata si costituiva chiedendo la conferma dell’impugnata decisione.
La decisione della Corte territoriale leccese
Il condominio ha appellato la sentenza nella parte in cui il tribunale aveva annullato la delibera assembleare perché adottata senza maggioranza qualificata prevista dall’articolo 1136, comma 5, Codice civile evidenziando i seguenti motivi di censura. Innanzitutto, per l’appellante il tribunale ha qualificato in modo erroneo l’assunzione del lavoratore dipendente poiché non si verterebbe nell’ipotesi di atto di straordinaria amministrazione (perciò avrebbe violato gli articoli 1120, 1136, comma 5, e 1108, commi 1 e 2, del Codice civile).
Il giudice di prime cure si sarebbe contraddetto nel qualificare l’assunzione come atto di straordinaria amministrazione: ciò dopo aver escluso la sua natura innovativa (non tenendo conto che le innovazioni sono gli unici atti di straordinaria amministrazione sanciti dalla normativa condominiale); avrebbe poi erroneamente qualificato gravosa la delibera di assunzione volta a dare continuità alla manutenzione dei beni comuni; avrebbe anche errato nel considerare gravose le spese scaturenti dalla deliberazione opposta senza considerarne la primaria utilità in relazione alle cospicue dimensioni del plesso edilizio.
Inoltre, avrebbe erroneamente ritenuto gravose le spese scaturenti dalla opposta delibera tralasciando di considerare che l’assunzione – peraltro di un lavoratore impiegato in precedenza nelle vesti di portiere – comportava spese analoghe a quelle sostenute negli esercizi pregressi; infine, avrebbe valutato in modo erroneo la gravosità delle spese correlandole alla rilevanza dell’importo ricadente sulla condomina appellata (detentrice della quota prevalente di proprietà esclusiva) e non invece in base alla rilevanza complessiva del patrimonio comune alla cui tutela è improntata l’assunzione del manutentore.
Le maggioranze deliberative
La Corte territoriale ha riconosciuto la fondatezza delle ragioni poste a base dell’appello. Ha incentrato l’attenzione sulle disposizioni codicistiche che regolano le maggioranze deliberative per l’adozione delle decisioni. Ha esaminato se la distinzione operata dal giudice di primo grado fra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione era rinvenibile nell’ordinamento giuridico. In caso affermativo, se la delibera rappresenta o meno un atto di straordinaria amministrazione e se, di conseguenza, detta decisione necessita, per la sua adozione, di una maggioranza qualificata.
Conclusioni
La vigente disciplina del condominio negli edifici non opera alcun distinguo fra delibere di ordinaria e straordinaria amministrazione. Si limita a individuare le ipotesi tassative nelle quali l’assemblea deve deliberare con maggioranza qualificata. Tra esse non rientra quella relativa all’assunzione di lavoratori dipendenti.
Le mansioni assegnate al lavoratore sono senz’altro limitate – stante la dizione generica di manutentore – alla piccola manutenzione quotidiana e alle modeste riparazioni delle parti comuni che non richiedono particolari abilitazioni o per le quali il dipendente sia in possesso di abilitazione. Inoltre, non possono essere estese alle riparazioni straordinarie di notevole entità per le quali l’articolo 1136 del Codice civile prevede decisioni da adottarsi a maggioranza qualificata di conferimento dell’incarico a ditte abilitate secondo l’ordinamento giuridico. In definitiva, la Corte d’appello di Lecce ha accolto l’appello e, per l’effetto, riformato l’impugnata sentenza.