L’amministratore non può concordare proroghe con i condòmini morosi

Per evitare l’incremento del debito, occorrono solleciti di pagamento tempestivi e piani di rientro approvati dall’assemblea

Dalla rivista «L’amministratore» di Anaci, sede provinciale di Milano, il commento alla sentenza
della Corte di Cassazione numero 10846 dell’8 giugno 2020.

Nessuna proroga per i condòmini morosi
Non rientra tra le attribuzioni dell’amministratore il potere di pattuire con i condòmini morosi dilazioni
di pagamento o accordi transattivi, spettando all’assemblea il potere di approvare una transazione
riguardante spese d’interesse comune o di delegare l’amministratore a transigere, fissando gli eventuali
limiti dell’attività dispositiva negoziale affidatagli.

Tra norma e procedure di recupero
La pronuncia in commento presenta particolare attualità poiché accade sempre più frequentemente che
condòmini che si trovano in difficoltà a causa dell’inflazione e della dinamica di prezzi e di tariffe in costante ascesa chiedano di concordare “piani di rientro”.
La prospettiva di recuperare un credito mediante il dialogo collaborativo tra creditore e debitore deve essere considerata sempre favorevolmente: nel condominio questa prospettiva assume particolare importanza, in relazione alla costante alimentazione del rapporto debitorio, man mano che arrivano a scadenza nuove rate. È accaduto più volte che il condomino moroso, che già non riusciva a essere regolare nei pagamenti, abbia cessato ogni versamento perché la spese delle procedure di recupero avevano contribuito a rendere la sua situazione irrisolvibile.
Tali considerazioni, certamente congrue e rispondenti a dato di realtà, devono essere coordinate con
quanto la Corte suprema ha ricordato, nella più assoluta corrispondenza con la disciplina legale.

I doveri dell’assemblea
Non vi è dubbio che spetta all’assemblea (e non all’amministratore) il potere di approvare una
transazione riguardante spese d’interesse comune oppure di delegare l’amministratore a transigere,
fissando gli eventuali limiti dell’attività dispositiva negoziale affidatagli (Cassazione, 821 del 2014 e
1994 del 1980).
È altrettanto vero, inoltre, che il testo vigente del nono comma dell’articolo 1129 Codice civile
obbliga l’amministratore ad «agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei
mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale sia compreso il credito esigibile, a meno che non sia stato
espressamente dispensato dall’assemblea». La previsione esplicita e la possibilità di generare danno agli
altri condòmini conferma che non rientra tra le attribuzioni dell’amministratore il potere di pattuire con i
condòmini morosi dilazioni di pagamento o accordi transattivi senza apposita autorizzazione
dell’assemblea.

Solleciti mirati e piani di rientro prudenti
Occorre, quindi, grande prudenza e altrettanta attenzione, evitando che le morosità lievitino e intervenendo molto tempestivamente con opportuni solleciti di pagamento. Anche l’adozione di “piani di rientro” non autorizzati dall’assemblea deve essere accuratamente evitata. Il nono comma dell’articolo 1129 del Codice civile prevede espressamente che l’amministratore possa essere autorizzato dall’assemblea a non procedere alla riscossione coattiva delle quote condominiali rimaste non pagate anche oltre il decorso del termine di sei mesi dalla scadenza. Tale norma non può essere trascurata dall’amministratore che deve temere non solo di rispondere per eventuali danni ma anche per possibili azioni di revoca.

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