Il proprietario dell’edificio pericolante deve sempre ripararlo

Il diritto di proprietà sugli edifici comporta la responsabilità giuridica di impedire che gli stessi, se non manutenuti, possano crollare e porre in pericolo l’incolumità delle persone, e tale dovere è tutelato dalla norma penale dell’articolo 677 Codice penale.

L’obbligo per il proprietario di intervenire sull’edificio per assicurare la sua stabilità è primario e non necessita dell’intervento della pubblica autorità.

I fatti di causa Il Tribunale condannava, per il predetto reato, il proprietario di un edificio, che, subentrato a seguito di una donazione, non effettuava gli interventi necessari per salvaguardare la pubblica incolumità a seguito delle ordinanze emessa dal Sindaco del Comune. La condanna era motivata dalla constatazione dell’inerzia del proprietario, nonostante la situazione di degrado dell’immobile. Il soggetto ricorreva al giudice di legittimità, affermando che il Tribunale non aveva disgiunto le posizioni di garanzia sua e del precedente proprietario a cui era stata notificata l’ordinanza, aveva trascurato di considerare che il Comune era già intervenuto, demolendo l’immobile e in tal modo gli aveva impedito di intervenire, realizzando le necessarie tutele, e che, pertanto, non sussisteva l’elemento soggettivo colposo del reato.

La Cassazione (sentenza 44381/2023) dichiarava inammissibile il ricorso poiché l’articolo 677, terzo comma, sanziona il proprietario di un edificio che minacci rovina, con pericolo per le persone, che non provveda all’effettuazione dei lavori necessari per rimuovere tale rovina. L’obbligo di attivazione incombe sul proprietario o su chi è obbligato alla conservazione del bene, per cui origina dalla situazione di legale disponibilità del bene. La giurisprudenza di legittimità (sentenza 233/2007; sentenza 29595/2021) afferma che l’obbligo di intervento del proprietario non è legato all’esistenza di un provvedimento amministrativo, bensì è fondato sulla posizione di garanzia del proprietario.

Pertanto, l’obbligo di provvedere all’esecuzione dei lavori necessari per rimuovere il pericolo per l’incolumità delle persone, costituito dall’esistenza di un edificio che minacci rovina, sorge indipendentemente da un provvedimento coattivo della pubblica amministrazione che, se è stato adottato, ha valore ricognitivo della situazione di pericolo, per cui il breve termine assegnato per eseguire il risanamento, non è rilevante per escludere il reato. Il breve termine concesso è giustificato in caso di pericolo Il Tribunale non ha distinto la posizione di garanzia dei due proprietari, poiché entrambi erano stati proprietari dell’immobile che minacciava rovina e osservava che il ricorrente, divenuto proprietario a seguito di donazione, fin dalla conclusione di tale atto giuridico, aveva il dovere di intervento. Non rileva il breve termine assegnato dal Comune per eseguire l’intervento, poiché il ricorrente aveva comunque l’obbligo immediato di intervento, legato alla situazione di pericolo per le persone.

Dal momento di conclusione della donazione il ricorrente avrebbe dovuto attivarsi subito, mentre non risulta che si sia attivato, neppure avviando le procedure amministrative richieste per l’esecuzione delle opere necessarie per mettere in sicurezza l’immobile. Per realizzare il reato è necessaria una volontà cosciente e libera, a cui è condizionata l’imputabilità ex articolo 42 Codice penale, e che è esclusa dalla oggettiva impossibilità di eseguire i lavori non dipendente da colpa (Cassazione 34096/2015). È colpevole la condotta del proprietario che sia cosciente della situazione del pericolo e non l’abbia eliminata per negligenza o imperizia (Cassazione 7848/2015).

Il proprietario era infine cosciente della situazione di pericolo costituto dall’immobile, anche perché gli era stato notificato il provvedimento del Comune. Il ricorrente, appena divenuto proprietario, avrebbe dovuto compiere quanto necessario per rimuovere la condizione di pericolo dell’immobile. Invece il ricorrente, a un mese di distanza dalla donazione, non si era attivato tanto che era stato necessario l’intervento del Comune per demolire l’immobile. È irrilevante che il ricorrente individui nell’intervento del Comune di messa in sicurezza dell’edificio la causa del mancato adempimento del suo obbligo e l’esistenza di una situazione di impossibilità oggettiva che ne escluderebbe la colpa.

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