Le innovazioni legislative dell’ultimo decennio nella disciplina condominiale e in tema di riservatezza, e gli sviluppi del pensiero giurisprudenziale, in particolare con riguardo alla materia delle “delibere”, fanno riemergere spesso nell’ambito della vita assembleare il delicato argomento dei soggetti che hanno titolo per intervenire alle sedute condominiali senza che ne vengano invalidati gli atti.
La precedente (fino al 2012) disposizione dell’articolo 1136 del Codice civile nella sua lapidaria enunciazione si riferiva a tutti i “condòmini”, soggetti che per estensione interpretativa venivano a comprendere altri partecipanti (usufruttuario ed equiparati).
Con il nuovo testo del suddetto articolo il legislatore ha cambiato espressione e ricollegato la validità dell’assemblea, e quindi delle sue delibere, alla inderogabile esigenza che siano stati convocati “tutti gli aventi diritto”, liberandosi in tal modo con questa formula generica del problema di una precisa individuazione dei legittimati, che viene lasciata all’interprete. La medesima tecnica giuridica è adoperata, anche qui con analoga problematica, nell’articolo 71-ter Disposizioni attuative del Codice per indicare i partecipanti abilitati a consultare il sito internet del condominio.
Per una soluzione che risulti accettabile, al fine di individuare questi “aventi diritto”, bisogna muovere dal tema del voto. Se l’assemblea è l’organo naturale e permanente per la gestione delle parti comuni, depositario del potere decisionale che si traduce nelle delibere, non par dubbio che devono intervenire alla riunione tutti i soggetti titolati a formare la volontà del condominio (e non solo i proprietari), in quanto direttamente interessati alle decisioni da prendere, dopo il necessario dibattito, con l’espressione del proprio voto, di persona o per mezzo di un delegato. Proviamo a fare un elenco.
1 – Il primo soggetto che viene in rilievo, a detti fini, è il “condòmino” in senso proprio, cioè nel suo significato etimologico di “comproprietario” (pro quota delle parti comuni, per effetto delle proprietà private).Il condòmino va individuato in partenza attraverso il registro di anagrafe condominiale; in caso di mancato aggiornamento dello stesso (articolo 1130 n. 6 del Codice) da parte dell’interessato, l’amministratore deve provvedere d’ufficio alla identificazione del soggetto legittimato a ricevere la convocazione ed obbligato a pagare i contributi. Deve trattarsi del titolare effettivo, ovvero del proprietario di una unità immobiliare, e non del cosiddetto “condomino apparente” (per tutti, Cassazione Sezioni Unite 8/4/2002 n. 5035/2002; Cassazione n. 30877/2022). Siffatta espressione designa colui che si comporta come proprietario senza averne lo status e induce in errore l’amministratore, salvo poi opporre la propria estraneità nel giudizio per gli oneri condominiali, mentre il vero legittimato a sua volta impugna le delibere per mancata convocazione. Esempi tipici di “condòmino apparente” sono: il coniuge assegnatario dell’abitazione, chi gestisce un immobile del proprio coniuge oppure abita l’appartamento donato al Figlio, il proprietario che ha venduto l’immobile senza che nessuna delle parti informi l’amministratore.
Quando vi sono più proprietari della stessa unità immobiliare tutti devono essere convocati ma all’assemblea può partecipare e votare solo un loro “rappresentante” per l’unica quota millesimale (articolo 67/2° Disp. Att. del Codice). Nell’eventualità di disaccordo, i comproprietari dovranno far ricorso al giudice; in mancanza, e presentandosi tutti in aula, il presidente, fallito ogni tentativo di composizione, dovrebbe considerare assente il “rappresentante” perché non designato (Tribunale di Roma n. 16749 del 2021). I giudici tendono, però, a salvare per quanto possibile la riunione e le correlative delibere, secondo il costante indirizzo (anche se talora con qualche ardita pronuncia delle corti merito in controtendenza) di non bloccare senza vera necessità la gestione del condominio, già di per sé non sempre agevole per una serie comprensibili motivi. Lo scopo è perseguito secondo queste direttrici: la necessità di delega scritta (richiesta dall’articolo 67 suindicato) è limitata al solo caso del comune delegato esterno al condominio (quindi non comproprietario); in mancanza di diversa comunicazione all’amministratore si considera “rappresentante” il comproprietario presente in assemblea (Tribunale di Roma n. 1570/2029, caso di fratelli; Tribunale di Roma n. 23028/2017, per i coniugi); si ritiene legittima la partecipazione del “rappresentante” se i comproprietari hanno comunicato per iscritto all’amministratore il nominativo prima della seduta (Tribunale di Terni n. 74/2021).
2 – Seguono a ruota i titolari dei cosiddetti “diritti reali parziari” (usufrutto, uso, abitazione) con facoltà di partecipare e votare quando l’oggetto all’ordine del giorno riguardi la materia di loro competenza (in linea di massima, ordinaria amministrazione e godimento dei beni e servizi comuni), mentre per tutte le “altre deliberazioni” partecipa e vota il (nudo) proprietario (articolo 67, citato, commi 6° e 7°).
1 – 2 – Dopo la riforma del 2012 una nuova prospettiva per i soggetti indicati ai due punti che precedono sembra emergere dal nuovo 8° comma del suddetto articolo 67, il quale stabilisce la piena solidarietà fra (nudo) proprietario e usufruttuario per i contributi spettanti al condominio, di guisa che ad ognuno dei due l’amministratore può richiedere le quote gravanti sull’altro per spese di sua competenza. I giudici di merito ne hanno tratto motivo per stabilire che ognuno debitori solidali ha diritto di impugnare la delibera che contiene l’obbligo di spesa a carico dell’altro soggetto (Tribunale di Latina 5/12/2022 n. 2274; Tribunale di Massa 6/11/2017). Ma gli effetti non possono finire qui perché strettamente conseguenziale al potere d’impugnativa è l’indiscutibile esigenza di presenziare sempre entrambi alla seduta quando si discute una delibera che pone la spesa a carico di uno dei soggetti. Quindi vi sarebbe una legittimazione collettiva pur se l’oggetto all’ordine del giorno attinge la sfera di uno solo di loro.
3 – Il curatore fallimentare, poiché subentra all’effettivo titolare, risulta legittimato. Parimenti il conduttore, titolare di un diritto personale e non reale, ma solo per oggetti limitati (articolo 10 legge n. 392/1978): con diritto di voto (in luogo del proprietario) per le delibere sulle spese e modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e condizionamento d’aria (diritto eccezionale non suscettibile di interpretazione estensiva: Cass. 25/10/2018 n. 27162) e senza diritto di voto sulla modificazione degli altri servizi comuni (ad es. antenna Tv, parcheggio, ecc.). Rimangono esclusi gli altri diversi titolari di “diritti di godimento personale” (ad esempio comodatario e assegnatario).
4 – Opinioni differenti sussistono per il custode giudiziario dell’immobile pignorato, ritenendo taluni che la legittimazione all’assemblea permanga in capo al proprietario fino al decreto di trasferimento del bene (Tribunale di Roma 6/4/2009 n. 2719) mentre per altri il diritto passa al custode, poichè deve provvedere (articoli 65 e 560/5° del codice di procedura civile) alla “conservazione e amministrazione” dei beni pignorati (Tribunale di Cremona 17/11/2014 n. 3786). Decisivi al riguardo potrebbero essere l’atto di nomina del custode (alcuni tribunali prevedono la partecipazione all’assemblea, altri invece sono per la negativa) e le istruzioni del Giudice dell’esecuzione; ferma sempre l’opportunità che il custode si tenga sempre in contatto con l’amministratore e costantemente informato e documentato sull’andamento della gestione e sui temi all’ordine del giorno dell’assemblea.
5 – Certamente ha pieno titolo per l’assemblea l’amministratore, quale organo esecutivo del condominio, responsabile del trattamento dei dati e mandatario rappresentante dei condòmini, di cui è obbligato ad attuare la volontà espressa con le delibere. La sua presenza non è obbligatoria, e la seduta potrebbe benissimo svolgersi sotto la direzione del presidente coadiuvato da segretario. Tuttavia, una sua partecipazione si rivela utile e talora anche necessaria. L’amministratore convoca l’assemblea e nel caso la stessa vada deserta spetta a lui prenderne atto annotando la mancata costituzione nel registro dei verbali (si veda il nuovo articolo 1130 n. 7 del Codice). I giudici, tuttavia, tendono a salvare la riunione (per i motivi sopra accennati) osservando che l’omessa redazione del verbale non impedisce di procedere con l’assemblea in seconda convocazione, né la rende invalida, ed il mancato svolgimento della 1° può accertarsi nella 2° seduta in base alle informazioni orali dello stesso amministratore, controllabili e contestabili dagli stessi condòmini, se presenti alla prima convocazione (Cassazione n. 22685 del 2014; Cassazione n. 24132 del 2009; successivamente, proprio con riferimento al nuovo 1130 n. 7.
Si può ancora aggiungere che l’amministratore deve riferire su una serie di oggetti indicati specificamente dalla legge o dare chiarimenti sul rendiconto e quindi sulla sua gestione o concordare la condotta da tenere nella procedura di mediazione; può fornire altresì le necessarie risposte in base al registro dell’anagrafe condominiale su eventuali problemi di composizione dell’assemblea; attraverso la discussione riesce a comprendere meglio la volontà effettiva dei partecipanti per eseguire le delibere in modo fedele e puntuale, esprimendo anche la propria personale valutazione su eventuali dubbi di validità; e così via. Nella prassi è ormai diffusa la sua continua presenza in assemblea, con la convinzione della corrispondenza ad una giuridica necessità; e un tale adempimento viene ritenuto attività connessa ed indispensabile allo svolgimento dei suoi compiti istituzionali, tanto più che il mandato comprende (articolo 1708 del Codice) anche gli atti complementari e strumentali necessari al suo svolgimento, fra cui appunto la partecipazione alle assemblee (Cassazione n. 3596/2003).
Gli estranei. Per esclusione, si considerano terzi estranei i soggetti non rientranti nella categoria dei “legittimati” di cui sopra, a meno che non siano muniti di “delega scritta”. Sono pure estranei i condòmini che non fanno parte del “condominio parziale” poiché le maggioranze (costitutiva e deliberativa) vanno calcolate solo sul gruppo di contitolari che rientrano in tale figura (Cassazione n. 791 del 2020; Corte d’Appello dell’Aquila 7/6/2021 n. 862). Al contrario non si possono ricondurre alla categoria degli estranei i comproprietari di una stessa unità immobiliare anche se hanno designato il loro “rappresentante” (come detto sopra alla lett. a); sono infatti pur sempre condòmini, hanno ricevuto la convocazione e possono quindi assistere, senza però intervenire, né per la discussione né per il voto, poiché la loro volontà viene espressa per legge dal loro “rappresentante” (il ricordato articolo 67, 2° comma, dice che “hanno diritto ad un solo rappresentante” e quindi che non possono esservi più rappresentanti, non già che gli altri condòmini non possono “assistere”).
La partecipazione degli “estranei” è inammissibile in quanto comporta una violazione della riservatezza (frequentemente detta “privacy”), per la illecita comunicazione a terzi di dati personali dei condòmini (ad esempio condizione di morosità, pendenza di lite con il condominio, stato di salute, ecc.); le conseguenze possono tradursi in obblighi risarcitori, provvedimenti del Garante e perfino nell’eventuale configurazione di un illecito penale (art. 167 del nuovo D.Lgs. n. 196/2003).
Tuttavia, la presenza di terzi, in via eccezionale, può venir legittimata sotto un duplice profilo. In primo luogo l’assemblea ha facoltà di richiedere l’intervento di particolari soggetti ritenuti indispensabili per la disamina di qualche particolare punto dell’ordine del giorno, come tecnici o consulenti quando bisogna deliberare su lavori di una certa complessità o su particolari innovazioni. In tal caso la partecipazione è consentita ma limitatamente allo stretto tempo necessario per la discussione dell’oggetto (v. Garante privacy Provv. 18/5/2006, punto 3), dopodiché questi signori devono abbandonare la riunione per consentire la prosecuzione dei lavori.
La seconda circostanza di solito si verifica perché talora un condòmino manda al suo posto, con molta semplicità, un qualche parente oppure partecipa di persona ma affiancato da soggetto ritenuto “esperto” di questioni condominiali. Si può anche in questi casi legittimare la seduta ma alla luce di due inderogabili condizioni: 1) che vi sia il consenso di tutti i presenti (l’articolo 6 del Regolamento UE 2016/679, noto con l’acronimo GDPR, indica fra le varie condizioni di liceità del trattamento-dati
il consenso dell’interessato); 2) che si possa inoltre garantire il mancato coinvolgimento nel dibattito dei condòmini assenti (e quindi non si affrontino problemi che, seppur marginalmente, vengano ad attingere situazioni di condòmini impossibilitati, per la loro assenza, di dare il richiesto consenso). Qualora venga ammesso, l’estraneo non potrà intervenire nel dibattito (né ovviamente votare), salvo il caso limite che, trattandosi di un professionista, l’assemblea concordemente ritenga utile in via estemporanea sentire il suo parere su un problema emerso nella discussione.
Spetterà al presidente, responsabile della costituzione dell’assemblea e del regolare svolgimento della riunione, far uscire gli estranei nel primo caso e vigilare nell’altro che sussistano le condizioni anzidette per la legittimità della loro presenza.
Un altro riflesso negativo della presenza di estranei riguarda le delibere. I giudici anche qui non adottano un criterio puramente formalistico e non ritengono annullabili le delibere se la partecipazione del soggetto non legittimato non abbia influito sul quorum costitutivo o deliberativo, od anche sullo svolgimento della discussione e sull’esito delle votazioni (Cassazione n. 28763 del 2017 e n. 11943 del 2003; Corte d’Appello dell’Aquila 7/6/2021 n. 862 del 2021, cit., che esamina un caso di condominio parziale).
In margine al quesito talora posto sulla liceità di nominare quale presidente dell’assemblea un estraneo (beninteso non delegato da altro condòmino), va osservato che il problema non è diverso da quello sopra esaminato in generale. Con riguardo alle decisioni prese nella seduta va ribadito che le delibere non sono viziate, e quindi non sono impugnabili (Corte d’Appello di Catanzaro 9/5/2023 n. 572). Il problema invece si pone per la normativa sulla “riservatezza”, ed in modo più complicato per il presidente che, pur munito del consenso di tutti i presenti, dovrebbe lasciare la carica ed uscire ogni volta che inevitabilmente venisse in esame una tematica coinvolgente, anche in via marginale, condomini assenti, con l’onere per l’assemblea di nominare un sostituto temporaneo, che a sua volta dovrebbe sottoscrivere il verbale per la parte di sua competenza. Da qui il consiglio di scegliere sempre un presidente fra i condòmini od anche un delegato degli stessi.
Il presidente deve, in primo luogo, verificare (sulla base dell’elenco degli aventi diritto a partecipare eventualmente compilato dall’amministratore) la validità della costituzione dell’assemblea, quindi la regolarità delle convocazioni e delle deleghe, dandone conto a verbale (Cassazione n. 22958/2022). Dovrà inoltre disciplinare la discussione e le operazioni di voto, assicurare che la seduta si svolga in piena legittimità e quindi occuparsi della eventuale presenza di estranei come prima ricordato.
A margine, va detto che la presenza di estranei può essere ora facilitata, ed in maniera occulta, dalla “tele-assemblea” introdotta dal legislatore dopo la nota pandemia. Non sempre il condòmino collegato da casa si rende conto che le altre persone ivi presenti non possono partecipare nemmeno indirettamente ai lavori assembleari e certo lui non le avrebbe portate in una assemblea “in presenza”; a meno che, naturalmente, non rivestano una delle qualifiche sopra indicate (condòmino usufruttuario, delegato, ecc.).
Le cuffie risolverebbero il problema audio, ma non quello video, atteso che anche l’immagine è un dato personale tutelabile. Anche per la tele-assemblea vale il principio prima ricordato sulla irrilevanza degli estranei “inerti” ai fini della validità delle delibere; mentre è da escludere la responsabilità del presidente per queste problematiche.