Dopo diversi anni di morosità, infatti, il debito era divenuto decisamente consistente e lo stabile si era risolto ad agire per tentare il recupero del credito.
Contestava il debito il condomino ingiunto, e a tal fine agiva in sede processuale con giudizio di opposizione all’esecuzione, contestando il debito e il diritto del condominio ad agire giudizialmente.
Le pronunce di merito ed i motivi del ricorso in Cassazione
Sia il Tribunale, che la Corte d’appello, accoglievano le ragioni del condominio e – riconosciuta l’esistenza del debito e la correttezza della sua quantificazione – dichiaravano tenuto il condomino a saldare il dovuto. Non convinto dalle motivazioni della Corte d’Appello, il condomino ricorreva in Cassazione con un ricorso di seguito sintetizzato. A detta del soccombente, difatti, il condominio non avrebbe fornito adeguata prova del proprio credito e la sua domanda quindi sarebbe stata da rigettare.
Secondo il ricorrente la Corte d’appello avrebbe inoltre commesso degli errori, omettendo la valutazione delle prove fornite e pronunciando così una sentenza fondata su un’istruttoria incompleta. Con la sentenza 18129/2020 del 31 agosto, la Suprema corte rigettava integralmente il ricorso sopra descritto.
I motivi della decisione
Quanto alle valutazioni del ricorrente in merito all’operato della Corte d’appello, la Cassazione specificava come il ricorso fosse, sul punto, inammissibile, in quanto presupponeva una valutazione di merito che non era possibile in sede di legittimità. Con riguardo alla lamentela in merito alla presunta mancata di prova del credito da parte del condominio, invece, la Cassazione rigettava il ricorso. Secondo gli
ermellini, infatti, «il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti» (così anche Cassazione sezione II, 29 agosto 1994, numero 7569).
Il valore di prova del verbale
Nel giudizio in questione, quindi, al fine di provare il credito condominiale era stato sufficiente per la parte creditrice produrre la delibera assembleare di approvazione del bilancio e della relativa ripartizione, dato che questa costituisce titolo valido ad agire giudizialmente avverso il condomino moroso. Una volta fornito al giudice il predetto documento, munito degli eventuali documenti giustificativi delle spese , al
decidente non resta che valutare la perdurante esistenza della delibera assembleare (si veda, sul punto, Cassazione sezioni unite, 18 dicembre 2009, numero 26629; Cassazione sezione II, 23 febbraio 2017, numero 4672).
Qualora questa sia venuta meno, per un annullamento giudiziale o un ravvedimento dell’assemblea, il giudice dovrà tenerne conto nel relativo processo. Al contrario, però, se verrà dimostrato che la delibera continua ad essere efficace, allora la parte debitrice dovrà essere condannata a versare le somme derivanti dal riparto assembleare, oltre che i danni causati con la propria morosità (si pensi alle spese legali e agli interessi). La sentenza in commento, quindi, preso atto della inammissibilità e
dell’insussistenza dei motivi del ricorso, rigettava lo stesso e condannava il condomino alla refusione delle spese di lite della controparte.