Irrilevante, ai fini della tutela del decoro architettonico dell’edificio il fatto che l’immobile nel suo complesso non abbia particolare pregio artistico Con l’ordinanza numero 28908 del 18 ottobre ultimo scorso, la Cassazione, richiamando consolidata giurisprudenza di legittimità, ha effettuato una puntuale ricognizione dei principi che governano la materia della valenza che deve riconoscersi alle disposizioni regolamentari aventi natura pattizia, in relazione alla salvaguardia del bene immateriale comune costituito dal decoro architettonico.
I divieti previsti nel regolamento contrattuale Secondo la Corte, in materia condominiale, il regolamento avente natura contrattuale, in quanto predisposto dall’originario costruttore e richiamato nei singoli atti di vendita, ovvero adottato in sede assembleare con il consenso unanime di tutti i condòmini, ben può comprimere il diritto dei singoli sulle parti private e dare del decoro architettonico una definizione più stringente di quella richiamata dall’articolo 1120 del Codice civile, sino ad imporre un generale divieto di immutazioni al fine di garantire il rispetto più assoluto e rigoroso degli elementi attinenti alla simmetria, all’estetica, all’aspetto generale dell’edificio, quali esistenti nel momento della sua costruzione o in quello della successiva manifestazione della volontà negoziale (Cassazione, sentenza numero 1748/2013).
In presenza di simili previsioni regolamentari, deve ritenersi innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull’aspetto armonico di esso, indipendentemente dal pregio estetico che possa avere l’edificio.
Per questo, la veranda realizzata dai privati sulla terrazza di proprietà esclusiva all’interno di un fabbricato in cui vige un regolamento di questo tipo, dev’essere senz’altro rimossa in quanto lesiva del bene comune costituito dal decoro architettonico, senza che possa validamente invocarsi la preesistenza di precedenti interventi invasivi effettuati da altri condòmini, o la mancanza di particolare pregio artistico del fabbricato, rilevando, piuttosto, la violazione oggettiva delle prescrizioni contenute nel regolamento condominiale e la condotta vietata posta in essere sulla struttura originaria dall’interessato.
La vicenda processuale Con la pronuncia in commento, la Suprema corte ha definitivamente confermato quanto statuito dalla Corte d’appello di Messina con la sentenza numero 381/2021 e, prima ancora dal Tribunale peloritano, tanto in via cautelare che nel merito, che avevano accolto le istanze avanzate da una coppia di coniugi comproprietari di un appartamento, i quali avevano agito in giudizio per ottenere l’accertamento dell’illegittimità della veranda realizzata sulla terrazza di proprietà esclusiva da parte dei loro vicini. In particolare, gli attori, assumendo di essere stati molestati anche nel possesso del proprio immobile che, per effetto della veranda, era stato privato di una veduta fronte mare, ne invocavano la demolizione (con conseguente ripristino dello stato originario dei luoghi), chiedendo, contestualmente, che fossero accertate sia la violazione del regolamento condominiale, che vietava ogni tipo di intervento che potesse ripercuotersi negativamente sull’estetica dello stabile, sia, per l’effetto, l’avvenuta compromissione del decoro architettonico di quest’ultimo.
Si costituivano in tutti i gradi di giudizio i convenuti, poi ricorrenti in cassazione, fondando la propria difesa sul diritto di ciascun condòmino di fare uso più intenso della cosa comune nel rispetto dei limiti di cui all’articolo 1102 del Codice civile, e sulla circostanza per la quale, non solo il fabbricato non aveva particolare pregio artistico, ma l’integrità delle linee armoniche dello stesso era già stata compromessa da interventi simili, effettuati in precedenza da altri condòmini.
La valutazione della Cassazione Il giudice di legittimità ha disatteso le istanze dei ricorrenti, condannandoli anche al pagamento delle spese di lite, prima di tutto perché le particolari caratteristiche tecniche impiegate per la realizzazione della veranda (del tutto avulse dal resto del contesto condominiale) erano state già oggetto di compiuta e motivata censura da parte dei giudici di merito (i quali le avevano valutate come aventi incidenza negativa sul decoro dell’intero stabile) e, per questo, non potevano costituire oggetto di nuova indagine innanzi alla Cassazione. In secondo luogo, nel caso di specie, è stata ritenuta evidente la violazione della diposizione del regolamento condominiale che vietava ai condòmini, in maniera assoluta, di effettuare interventi in variante (oltre che sulle parti comuni, anche) sugli immobili di proprietà esclusiva, che fossero potenzialmente idonei ad alterare l’estetica o la simmetria dell’edificio, o che ne potessero compromettere la struttura e la stabilità. Parimenti irrilevante, infine, ad avviso della Corte, la circostanza dell’assenza di pregio artistico del complesso edilizio, atteso che deve ritenersi illegittimo, e come tale vietato, ogni intervento suscettibile di alterarne il decoro «a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio» (Cassazione, ordinanza numero 14698/2021).
‘art. 810 cc, possono formare oggetto di diritti.