Riguarda la veridicità dei dati sul consumo idrico di un condominio, e si sofferma sull’onere della prova spettante a quest’ultimo ed all’azienda municipalizzata erogatrice del servizio, la interessante sentenza numero 836 depositata dalla Cassazione il 19 gennaio 2021.
A rivolgersi alla Corte era stato l’amministratore del condominio in relazione ad eccessive spese di forniture che la società aveva segnalato e che non erano state pagate. Con l’acquedotto municipale il condominio in questione aveva concluso due contratti per l’installazione di altrettanti contatori. In relazione al primo, l’unico di fatto installato, venivano segnalati consumi anomali, concretizzatisi nell’emissione di più fatture per un totale di oltre 164mila euro, non pagati.
L’acquedotto perciò staccava il primo contatore, senza avvertire il condominio, e attivava il secondo, contemporaneamente chiedendo con decreto ingiuntivo il pagamento di quanto dovuto per i precedenti consumi. I motivi del ricorso in Cassazione All’opposizione del condominio, respinta dal Tribunale, il caso approdava in appello deducendo tra l’altro l’inversione dell’onore probatorio. Dopo la conferma della pronuncia di prime cure, il condominio si rivolgeva alla Suprema corte per tre motivi: in primis relativo proprio alla prova del credito dell’acquedotto risultante da sole fatture che costituiscono atto unilaterale e che l’amministrazione condominiale aveva contestato.
Sarebbe stato – a suo avviso – onere della municipalizzata provare il corretto funzionamento del contatore di rilevazione dei consumi. Motivo ritenuto infondato dalla Corte però che ha richiamato precedenti pronunce di legittimità: in ambito probatorio al condominio sarebbe spettato far rilevare il cattivo funzionamento del contatore, alla municipalizzata provare il contrario (Cassazione ordinanza 297/2020).
Nel caso in esame però la contestazione sarebbe stata tra l’altro solo verbale (l’amministratore si sarebbe lui stesso recato nella sede dell’acquedotto) e nessuna prova scritta era stata rinvenuta. La decisione «La rilevazione dei consumi – precisa la Corte – mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità, sicché in caso di contestazione spetta al somministrante l’onere di provare che il contatore fosse regolarmente funzionante mentre il fruitore, al contrario deve dimostrare che l’anomalo consumo è addebitabile a fattori esterni al suo controllo» (Cassazione, ordinanza 19154/2018 ; ordinanza 30290/2017; sentenza 23699/2016).
Respinti anche il secondo e terzo motivo: quanto alla contestazione della rimozione senza avviso del contatore, la Corte rileva che in sede di merito l’atto era stato ritenuto legittimo da parte dei giudici e nessuna obiezione poteva essere sollevata dinanzi alla Suprema corte; quanto infine alla presunta confessione del dirigente della municipalizzata, è stata fatta notare la discrasia delle date emersa. Il dirigente interrogato aveva assunto l’incarico tre anni dopo i fatti, pertanto degli stessi non poteva che avere sommaria conoscenza.