Una delle problematiche da affrontare in quanto ricca di implicazioni privacy per i conseguenti
trattamenti (anche illeciti) che ne potrebbero scaturire è quella relativa alla videoregistrazione
dell’assemblea in presenza e in videoconferenza.
Necessario il consenso unanime
Sul tema il Garante, già nel Vademecum sul condominio del 2013, documento web 2680240, si
esprime, in maniera netta sul divieto di videoregistrare fatto salvo l’ottenimento del consenso
unanime da parte di tutti i partecipanti alla seduta: «L’assemblea condominiale può essere
videoregistrata, ma solo con il consenso informato di tutti i partecipanti. La documentazione, su
qualsiasi supporto, deve essere conservata al riparo da accessi indebiti». Da ciò si può ritenere che
sia possibile registrare l’assemblea di condominio all’insaputa dei presenti se il file si limita solo
all’audio della riunione e se non si diffonde a terzi il contenuto fatti salvi motivi di giustizia;
viceversa, se si tratta di una videoregistrazione diviene necessario ottenere il consenso di tutti.
Oggi, quindi, all’apertura dell’assemblea, laddove la si voglia videoregistrare, occorre il consenso
unanime dei partecipanti, andandosi con questi a intendere, non solo i condòmini presenti alla
riunione, ma anche i soggetti terzi invitati o lo stesso amministratore. Il consenso, secondo il
Gdpr, deve essere espresso in modo chiaro e mediante una dichiarazione, agevolmente
documentabile per evitare contestazioni.
Se la riunione è in videoconferenza
Vero è che, con l’avvento delle assemblee in videoconferenza, l’amministratore di condominio
all’apertura della seduta, laddove la intenda videoregistrare, può chiedere il consenso specificando
che mette a disposizione l’informativa nella quale indica le finalità e le modalità di trattamento,
che ad esempio possono essere quella di poter poi pedissequamente riprodurre i contenuti
dell’assemblea nel verbale o, anche quella di mantenere la videoregistrazione per un tempo
predeterminato (ad esempio i 30 giorni dalla notifica del verbale agli assenti che è il tempo
dell’eventuale impugnativa per vizi che comportano l’annullabilità del deliberato), al fine di
dirimere sul nascere eventuali controversie che dovessero sorgere in relazione a quanto scritto
rispetto a quanto dichiarato.
Tra l’altro, alcune piattaforme, lasciano comparire un messaggio di registrazione specificando che,
laddove non si rilascia il consenso, la sessione non può proseguire; in questo modo si può
facilmente ottenere il consenso unanime dei partecipanti come prescritto dal Garante. Il file in
questione può a qual punto essere utilizzato anche al fine di un’eventuale difesa in giudizio.
Non lecito l’uso personale del file da parte dei condòmini Applicando i principi del Gdpr, appare illegittima la possibilità di estrapolazione del file da parte dei condòmini stessi, perché il trattamento che ne conseguirebbe non rientrerebbe in quelli consentiti secondo i principi esaminati.
Potrebbe obiettarsi che un uso personale del file, che non preveda comunicazione o diffusione a
terzi, non implicherebbe l’applicazione del Gdpr (non si rientrerebbe nel “trattamento “così come
previsto dall’articolo 4 del Regolamento europeo), ma si amplificherebbe in maniera esponenziale
il rischio di un uso illegittimo del file, non potendosi richiedere al condomino, nell’utilizzo e
conservazione del file l’adozione di quelle «misure tecniche ed organizzative adeguate al rischio»
così come imposte dall’articolo 32 Gdpr.
Misure che invece lo stesso Garante richiede all’amministratore nella conservazione dello stesso
documento e che derivano dalla diligenza che deve attuare nella sua veste di mandatario. Appare
quindi consigliabile vietare la videoregistrazione anche solo per finalità personali, sin nelle
cosiddette regole di ingaggio o nel regolamento sulle assemblee in videoconferenze che
l’amministratore mette a disposizione dei condòmini.
La richiesta del file da parte di terzi
Occorre anche ben comprendere qual è il limite dell’utilizzo del file video per finalità di giustizia
da parte di terzi soggetti che ne richiedono la copia all’amministratore. Ad esempio, se possa
considerarsi sufficiente, per la consegna delle immagini, un’azione stragiudiziale promossa da un
avvocato in seno al diritto di difesa di un suo assistito oppure se occorre necessariamente una
denuncia e l’attivazione di un’azione penale ovvero se il file possa essere utilizzato, anche solo per
raccogliere le prove di una violazione del regolamento condominiale o comunque per avviare
un’azione civile.
La valutazione deve essere effettuata di caso in caso dall’amministratore sulla base della
motivazione della richiesta e sulla base dei dati che si vanno a consegnare, ponderando
attentamente tutti gli interessi in gioco e tenendo sempre a mente il principio della finalità del
trattamento e della minimizzazione, il rispetto del quale potrebbe consigliare di oscurare i volti dei
soggetti non direttamente coinvolti nella richiesta avanzata dagli interessati. Anche per quanto
concerne l’analisi rispetto a quali soggetti si può consegnare il file da parte dell’amministratore,
occorre specificare che tale diritto compete sia alla parte interessata che debba sporgere denuncia,
sia all’avvocato di questa in ragione dei suoi poteri di indagine.