Le maggioranze necessarie per approvare le delibere, sia ai fini del quorum costitutivo che di quello deliberativo, sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell’intero edificio. E ciò, inclusi i condòmini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, i quali possono (e non devono) astenersi dall’esercitare il diritto di voto, salvo eventuale ricorso al giudice per mancato raggiungimento delle soglie. Lo scrive il Tribunale di Vicenza con
sentenza n. 1827 del 2021.
E’ una madre e le sue figlie, come proprietarie di due unità immobiliari a piano terra con relativi magazzini interrati e quote sulle parti comuni, a chiamare in causa il Condominio impugnando una deliberazione. Decisione che, contestano, aveva approvato i bilanci consuntivi delle spese straordinarie, ordinarie e legali, in maniera invalida per irregolare costituzione dell’assemblea e quindi insussistenza del quorum
costitutivo indicato dalla legge nei due terzi del valore dello stabile condominiale e nella maggioranza dei partecipanti. Questo, il motivo principe che si affiancava ad altri rilievi quali l’errata ripartizione per millesimi dei lavori di rifacimento del piazzale e altre voci di spesa cui non dovevano partecipare o almeno non nella misura loro accollata.
Il Tribunale accoglie la domanda e annulla la delibera. Sul punto, essendo risultato pacifico il dato oggettivo del mancato intervento all’assemblea di condòmini rappresentanti i due terzi del valore di tutto l’edificio e la maggioranza dei partecipanti allo stesso, sottolinea diversi aspetti. Intanto, tiene a premettere, nella verifica delle maggioranze non andavano conteggiati i millesimi delle signore, avendo
queste impugnato precedenti delibere di cui quella in discussione ne era conseguenza. Tanto chiarito, il giudice – seguendo il principio fissato dalla Corte di cassazione n. 19131 del 2015 e successivamente ribadito con ordinanza n. 1849 del 2018 – ricorda che le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell’intero edificio, sia ai fini del quorum costitutivo che di quello deliberativo, compresi i condòmini in
potenziale conflitto di interesse con il Condominio, i quali possono (e non devono) astenersi dall’esercitare il diritto di voto, ferma la possibilità per ogni partecipante di ricorrere all’autorità giudiziaria a fronte del mancato raggiungimento della maggioranza necessaria e, dunque, per impossibilità di funzionamento del collegio.
E, scrive, si ritiene vi sia conflitto tra l’ente gestorio ed il singolo qualora questi sia portatore di un duplice interesse – come condomino e come estraneo – ed i due interessi non possano soddisfarsi contemporaneamente poiché il soddisfacimento dell’uno comporterebbe il sacrificio dell’altro.
Impostazione che si riflette anche sulla disciplina delle maggioranze considerato che il metodo collegiale ed il criterio di maggioranza rispondono ad uno scopo ben preciso.
Ecco che tali maggioranze non potranno modificarsi “al ribasso”. Del resto, l’esigenza di una doppia maggioranza distingue il Condominio dalle comunioni e dalle società. Così, accolta la questione basilare, ed assorbite le rimanenti, il Tribunale di Vicenza annulla la delibera impugnata e tutti gli atti ad essa
presupposti e conseguenti, e condanna il Condominio ai costi di lite.