L’amministratore , in qualità di mandatario, compie compie atti giuridici per conto del condominio e si avvale della collaborazione dell’avvocato : ma quali sono i limiti del patrocinio e dei consigli legali? Sul punto è intervenuta la Cassazione a Sezioni Unite (sentenza 25574/2020) che ha rigettato il ricorso di un avvocato avverso la sentenza del Consiglio nazionale forense che aveva dichiarato la sua
responsabilità disciplinare per degli incarichi legali compiuti per conto di un condominio.
I motivi della condanna del legale
La sentenza impugnata, confermando quella di primo grado, accertava l’incolpazione (ai sensi agli articoli 8 e 12 del previgente codice professionale), in quanto l’avvocato faceva intraprendere al suo cliente (il condominio) azioni legali non necessarie, condannando il ricorrente alla sanzione della censura. In particolare l’avvocato aveva agito in via monitoria contro un soggetto, ex proprietario di un’unità immobiliare , mentre l’acquirente aveva trattenuto dal prezzo di acquisto quanto dovuto al condominio.
Per la sentenza l’avvocato avrebbe dovuto agire , ai sensi dell’articolo 63 disposizioni attuative Codice civile, nei confronti dell’acquirente , soggetto coobbligato al pagamento delle spese condominiali, a causa dell’acquisto dell’unità immobiliare.
L’avvocato affermava che il procedimento era illegittimo poiché l’incolpazione era prescritta , essendo trascorso un quinquennio dai fatti, affermava che nello stesso era stato applicato il codice deontologico del 2014 a fronte di fatti accaduti in epoca anteriore, e perchè non teneva conto di situazioni contingenti che non rendevano facilmente aggredibile il patrimonio del soggetto coobbligato.
La decisione
La Cassazione respingeva i tre motivi di ricorso poiché osservava che la prescrizione non si era realizzata, in quanto i procedimenti giudiziari si erano avviati nel 2006 e si erano protratti nel 2012, a ridosso del giudizio disciplinare. Inoltre la sentenza era stata correttamente emessa con riferimento alla sanzione prevista dall’articolo 8 del previgente codice professionale, in quanto l’avvocato non aveva adempiuto ai propri doveri con diligenza .
L’avvocato sosteneva di essere stato costretto ad agire nei confronti dell’ex proprietario, poiché non avrebbe potuto aggredire la somma tenuta in cauzione dall’acquirente dell’immobile , per pagare i debiti condominiali pregressi, in quanto le ingiunzioni avrebbero potuto compiersi solo dopo l’approvazione del preventivo di spesa , inoltre le azioni erano intervenute per tempo e dietro regolare mandato e non era vero che la parte venditrice avesse corrisposto quanto dovuto spontaneamente.
La Cassazione dichiarava inammissibile tale motivo , poiché riguardava questioni non discusse tra le parti in contraddittorio e comportava una critica degli apprezzamenti di merito espressi dalla sentenza impugnata , con la pretesa di ottenere un nuovo ed inammissibile motivo di merito . Pertanto la Cassazione , nel respingere il ricorso, ha condannato il ricorrente al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale.