Il Tribunale di Roma, con la sentenza 2170 del 10 febbraio 2022 , è tornato ad occuparsi di un argomento sempre delicato : quello relativo agli addebiti mossi in capo all’ex amministratore. La cosiddetta cattiva gestione dell’amministratore uscente a cui il condominio rivolge la richiesta di risarcimento danni, ritenendosi danneggiato dalla condotta tenuta dal precedente mandatario.
La vicenda
Nel caso trattato dal Tribunale romano, il condominio aveva convenuto in giudizio l’amministratrice uscente al quale imputava il fatto che, a seguito della cessazione del mandato, il subentrante avesse constatato gravi irregolarità contabili risultando un «ammanco di cassa pari ad oltre diecimila euro». Somme per le quali l’ex amministratore non aveva (secondo la tesi del condominio) fornito documentazione di spesa tale da poter giustificare il disavanzo emerso. Il condominio imputava
all’amministratrice uscente di aver «ricevuto notifiche di atti giudiziari nei confronti del condominio dei quali non avrebbe mai reso edotti i condòmini».
Le gravi irregolarità commesse
In particolare che, nonostante avesse ricevuto la notifica di un decreto ingiuntivo da parte di un fornitore del condominio, l’ex amministratore non avrebbe informato i condòmini, non consentendo in tal modo agli stessi di proporre opposizione al suddetto decreto al fine di contestare la somma ingiunta e la regolarità dei lavori eseguiti.
Inoltre, per effetto della mancata opposizione, il titolo era divenuto esecutivo ed era stato utilizzato per promuovere un’azione esecutiva che aveva portato al pignoramento del conto corrente intestato al condominio. Non solo, all’ex amministratrice si addebitava la responsabilità perché «avrebbe anche ricevuto solleciti di pagamento inviati sia dall’Enel che dall’Acea per il mancato pagamento dell’energia
elettrica e dell’acqua; omissioni queste che avevano comportato l’interruzione di entrambe le forniture» per un notevole lasso di tempo creando disagi all’intero condominio e costringendo i condòmini ad attivarsi per il ripristino della fornitura ed a provvedere alla rateizzazione del debito.
Ed ancora. Secondo il condominio, la convenuta non si era «mai adoperata per agire in giudizio a tutela del condominio per il recupero dei crediti vantati nei confronti di diversi condòmini che non avevano versato nel corso degli anni le rate condominiali e di aver omesso la convocazione delle assemblee al fine di far approvare i bilanci sulla base dei quali poter agire per il recupero delle quote condominiali mancanti» e di aver con il proprio comportamento determinato il «blocco totale del conto corrente del
condominio gravato da tre diversi pignoramenti presso terzi».
Le richiesta del condominio
Un disastro gestionale aggravato (ove quanto addebitato non si ritenesse sufficiente), anche dal fatto che l’ex amministratrice non avrebbe nemmeno provveduto a consegnare la documentazione completa, al passaggio di consegne. Il condominio, dunque, chiedeva che, «accertata la responsabilità per mala gestio (cattiva gestione)», l’ex amministratrice venisse condannata alla restituzione della somma di euro 10.870,71 quale «disavanzo di cassa» risultante alla data di fine della sua gestione condominiale nonché al pagamento delle ulteriori somme dovute a titolo di risarcimento danni rapportati alle spese emergenti ed al «maggior danno da perdita di chance processuale».
L’onere della prova è in capo al condominio
Si costituiva l’ex amministratrice la quale contestava gli addebiti, ritenendo di aver operato correttamente e rappresentando la genericità dei fatti, come esposti dal condominio in citazione. La causa veniva istruita mediante CTU. Nel caso di specie, è da rilevare che «il condominio che lamenti un malaccorto o, addirittura, infedele impiego del proprio denaro da parte dell’amministratore che l’abbia gestito è onerato della prova (da fornirsi attraverso tanto la contabilità – se regolarmente tenuta e approvata –
e/o i versamenti eseguiti e le uscite comprovate da documenti di spesa quanto i movimenti del conto corrente) che l’esercizio in contestazione si è in realtà chiuso, non già con debiti di gestione, ma con veri e propri avanzi di cassa, o puntualmente riportati nel bilancio successivo come partite in entrata (e poi, a un certo punto, “dispersi”, senza un corrispondente, effettiva partita in uscita) oppure sin dall’inizio fraudolentemente occultati». L’ex amministratore e la prova della corretta gestione L’ex amministratore, cessato dal suo incarico è, per converso, onerato, in quanto contrattualmente debitore verso il condominio, della propria prestazione (anche professionale) di mandatario, della prova della corretta amministrazione e, perciò, in particolare, dell’effettivo e accorto impiego di tutte le somme riscosse per pagare le spese di volta in volta preventivate o imposte dall’urgenza. Il condominio, come detto,
ha contestato all’ex amministratore, ammanchi di cassa. Tale contestazione, tuttavia, non è stata provata. Infatti : i bilanci relativi agli anni dal 2012 al 2016 sono stati tutti approvati.
È quindi da considerare che l’approvazione del rendiconto, che il mandatario è tenuto a rendere ai sensi degli articoli 1130, n. 10, e 1713 Codice civile, pur senza ricorrere necessariamente alla procedura prevista dall’articolo 266 Codice procedura civile, «si riferisce a tutto l’operato dello stesso per l’esercizio in questione» (ovvero per il singolo periodo di prestazione in cui quell’operato possa frazionarsi) e comporta (salvo il caso che, all’atto dell’approvazione, il mandante – o, meglio, l’assemblea dei mandanti abbia formulato espresse riserve per quei diritti non attinenti alle partite contabili enucleate nel conto) che il conseguente regolamento negoziale «acquisti valore ed effetto di esclusiva disciplina definitoria di tutti i rapporti derivanti dall’esecuzione del mandato» (Cassazione 27 aprile 1982, n. 2634) salvo il potere di revisione del conto reso e già accettato esercitabile dalla controparte che lo ha approvato nei limiti di cui all’articolo 266 Codice procedura civile e quindi in caso di errore materiale, omissione o duplicazione di partite, falsità.
Conclusioni
In definitiva, si legge in sentenza, il condominio, in generale, in quanto mandante, è onerato della prova (da fornirsi tanto attraverso la contabilità – se regolarmente tenuta e approvata – e/o i versamenti eseguiti e le uscite comprovate da documenti di spesa quanto attraverso i movimenti del conto corrente) che determinati esercizi si siano, in realtà, chiusi, non già con debiti di gestione, ma con veri e propri avanzi di
cassa, o puntualmente riportati nel bilancio successivo come partite in entrata (ma, poi, a un certo punto, “dispersi” – senza una corrispondente, effettiva partita in uscita -) oppure sin dall’inizio fraudolentemente occultati. Nel caso in esame tale prova non è stata raggiunta.