La norma tecnica di riferimento per realizzare una canna fumaria negli edifici è la UNI 9615 la quale prevede che sia adeguatamente isolata, coibentata in base alle condizioni di impiego e sia costruita in materiali che permettano di resistere alle sollecitazioni meccaniche e soprattutto alle elevate prestazioni di resistenza ed alle temperature elevate.
La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, dichiarava non doversi procedere nei confronti di un costruttore in relazione al reato di incendio, per intervenuta prescrizione, e gli riduceva la pena inflittagli per il delitto di disastro colposo. Il procedimento traeva origine da due incendi che avevano interessato il tetto in legno e in ardesia di due palazzine appartenenti ad un complesso residenziale, composto da sette fabbricati di due o tre piani ciascuno. I Giudici del merito avevano
accertato la responsabilità del costruttore, poiché aveva costruito delle canne fumarie altamente pericolose e difformi da quelle previste nel contratto di appalto, in quanto erano prive di coibentazione e di isolamento rispetto alle pareti in legno della struttura delle palazzine.
Il Tribunale respingeva la richiesta di proscioglimento del Costruttore fondata sul vizio totale o parziale di mente (articolo 88, 89 Codice penale), poiché l’imputato, pur descritto dai medici come afflitto da depressione, non era stato definito come un soggetto incapace di gestirsi o di comprendere i normali accadimenti della vita o di operare le proprie scelte. I giudici affermavano che l’imputato aveva operato una lucida scelta imprenditoriale, non causata dalle sue condizioni psichiche, bensì per risparmiare sui materiali. Invero l’imputato non aveva usato i materiali realizzati secondo la norma UNICIG 9615 , bensì semplici tubi di metallo non coibentati e non isolati dalle parti in legno. La scelta dell’imputato rispondeva a precise ragioni di risparmio nell’impiego dei materiali di costruzione.
La Corte di appello respingeva l’argomento difensivo per cui la realizzazione delle canne fumarie era avvenuta dopo che l’impresa dell’imputato era stata posta in liquidazione, laddove le canne fumarie erano state realizzate dalla stessa in epoca anteriore alla predetta liquidazione. Anche la Corte di appello escludeva la sussistenza di una patologia tale da incidere sulla capacità dell’imputato di orientarsi criticamente e consapevolmente nella scelta dei materiali utilizzati per costruire le canne fumarie.
La sentenza della Cassazione
La Suprema corte nella sentenza 13201 del 2022 dichiarava inammissibile il ricorso presentato dall’imputato che condannava al pagamento di euro tremila alla Cassa delle ammende. Il ricorrente lamentava l’ingiustizia della sentenza di condanna perché non conteneva elementi idonei ad escludere la sussistenza della diminuente prevista dall’articolo 89 Codice penale. La Corte affermava che il ricorrente chiedeva alla Cassazione di operare una nuova valutazione del merito della vicenda, attività preclusa al giudice di legittimità, trattandosi di una contestazione del merito, di alcuni elementi di fatto e delle risultanze d’indagine che il giudice di merito riteneva idonei ad integrare il compendio probatorio, senza valutare la complessiva logica ricostruzione operata nella sentenza impugnata.
Invero la Cassazione (sentenza 38818 del 2019) respingeva il ricorso dell’imputato che aveva contestato il difetto di motivazione della sentenza, nella parte in cui aveva ritenuto attendibile la persona offesa, in quanto il ricorso era fondato sulla scorta di una lettura parziale e parcellizzata delle emergenze processuali, e non aveva tenuto conto di ulteriori elementi valorizzati in motivazione. In definitiva la Cassazione ha osservato che il ricorrente non si è confrontato con le argomentazioni prospettate dalla
Corte di appello, la quale ha negato la diminuente sulla base dell’irrilevanza della documentazione sanitaria prodotta dalla difesa dell’imputato.