Ascensore che si blocca e scale sporche: paga maggiori spese il titolare del B&B in condominio

Il tema è di strettissima attualità, considerate le novità che a breve saranno introdotte nella gestione degli affitti brevi con l’avvio del Codice unico nazionale identificativo degli immobili.

Chi adibisce il suo appartamento ad affitto turistico è tenuto a versare oneri condominiali più alti?

L’argomento nasce dalla constatazione che chi affitta per brevi periodi utilizza l’ascensore più di altri ad esempio, così come il cancello condominiale, i citofoni e gli altri servizi. La previsione dell’articolo 1123 Codice civile sulla ripartizione delle spese precisa che «s e si tratta di cose destinate a servire i condòmini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne». Il Tribunale di Catania (sentenza 9 ottobre 2020 numero 3179), era già intervenuto sull’argomento, precisando che il criterio di ripartizione non può essere alterato per via dell’esercizio dell’attività di B&B, ma resta quello di un normale appartamento adibito ad uso residenziale. Da ultimo però il Tribunale di Roma con la sentenza, sezione 5, numero 1271/2024 è giunta a decisione opposta con un ragionamento attento sull’argomento che è importante riportare.

Ad originare la pronuncia proprio l’uso più intenso delle parti comuni fatto dal proprietario di un B&B. Si legge nella sentenza che «è notorio ed evidente che un immobile destinato ad attività ricettizia sia frequentato da tanti e sempre diversi utilizzatori, con un utilizzo delle parti comuni e dell’ascensore, sicuramente maggiore di quello di un immobile ad uso abitazione privata, tanto che molti regolamenti di condominio vietano lo svolgimento di tali attività. Tale maggiore utilizzo ha comportato nel condominio convenuto sporcizia delle scale e dell’androne, ripetuti blocchi dell’ascensore ai piani in cui sono ubicate le unità immobiliari in questione, con conseguente forte aumento degli interventi manutentivi e delle relative spese», come risultava dalle numerose fatture in atti per la pulizia delle scale e la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’ascensore.

Ciò detto, però è altrettanto evidente – scrivono i giudici – e non contestato il maggioritario indirizzo della Cassazione per la quale «in linea generale l’obbligo di concorrere alle spese comuni in proporzione ai millesimi di proprietà prescinde dall’uso effettivo che il condomino faccia delle parti comuni dell’edificio, dovendosi far riferimento all’uso potenziale e non a quello effettivo».

Di conseguenza deve pagare anche il condomino che non faccia del tutto uso delle parti comuni (magari perché l’unità immobiliare di sua proprietà è sfitta ); al contrario perciò chi usa più intensamente il bene, non può per questo solo essere chiamato a una maggiore contribuzione. Pertanto l’assemblea non potrebbe imporre una maggiorazione ai titolari di B&B, ma – ed è questo l’aspetto interessante della pronuncia – esiste però un’eccezione a questa regola, cioè la possibilità di accordarsi diversamente. Si tratta di quella «diversa convenzione» cui fa esplicito riferimento proprio l’articolo 1123, primo comma, Codice civile. Nel caso esaminato dai giudici della capitale era stata introdotta nel regolamento una clausola che consentiva di aumentare/diminuire le spese d’uso in ragione del più intenso e/o minore utilizzo concreto di determinate parti comuni.

Nel caso specifico la delibera aveva previsto per il proprietario del B&B una maggiorazione del 30% delle spese e ciò era legittimo. Ci possiamo aspettare modifiche nei regolamenti condominiali in tal senso nelle città d’arte? Non possiamo escluderlo. Anche perché se il regolamento è contrattuale servirà l’unanimità di tutti i condòmini per la modifica, altrimenti basterà la maggioranza qualificata, quella prevista dal secondo comma dell’articolo 1136v (maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio).

E il proprietario dell’appartamento adibito a B&B? L’unico modo per sindacare la validità della delibera prevista dal regolamento consisterebbe nell’invocare un ipotetico eccesso di potere dell’assemblea sulla percentuale della stessa, difficile però da provare. La regola resta dunque una: occhio al regolamento se si intende intraprendere un’attività ricettiva in condominio.

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