Il diritto al parcheggio legato ad ogni unità immobiliare acquistata non può venir meno
per il fatto che il proprietario di due appartamenti li abbia accorpati in un unico complesso.
Se così fosse, non si terrebbe conto che disporre a piacere del bene è facoltà del proprietario senza che ciò possa incidere sui rapporti esterni e sull’originaria distinzione ed autonomia delle singole unità interessate e, di riflesso, sui diritti che la proprietà attribuisce. Lo scrive il Tribunale di Vasto con sentenza
numero 28 del 3 febbraio 2021.
È un proprietario a citare il condominio. Il suo immobile, spiega al giudice, era originariamente costituito da due unità poi accorpate in una e l’assemblea aveva deciso all’unanimità di assegnare dieci posti auto da realizzarsi nel cortile comune. In seguito, però, incaricato un tecnico di redigere la planimetria dei posteggi, la si approvava senza dar conto che contasse soltanto nove unità. Il condominio si difende
ribadendo che le unità attualmente erano nove per cui, per non alterare il principio di pari uso della cosa comune, i posti da assegnare erano nove. Del resto, la fusione aveva creato un solo subalterno. Non concorda il Tribunale che accoglie la domanda.
Dai carteggi emergeva che il fabbricato era originariamente composto di dieci appartamenti e due di essi erano stati accorpati. E con delibera si era stabilito che nel cortile comune potesse parcheggiare una vettura per unità con creazione di dieci posteggi. Successivamente li riduceva a nove vista la fusione. Ma Cassazione 20612/2017 ricorda che sono beni comuni anche le aree destinate a parcheggio ed è valida la delibera approvata a maggioranza con cui si assegnano ai condòmini i posti auto ricavati nell’area del cortile comune senza attribuirne loro il possesso esclusivo. Con tale delibera, infatti, si regolano le modalità d’uso dei beni comuni quindi non serve l’unanimità.
A maggioranza l’assemblea può decidere l’assegnazione e/o la turnazione dei posti ai singoli ma è soltanto il titolo costitutivo di ogni proprietà (atto di compravendita) ad individuare l’area esclusiva così come solo dall’atto di costituzione del condominio possono ricavarsi gli spazi comuni. Perciò, senza un’espressa riserva di proprietà nel titolo d’acquisto o nell’atto di costituzione dell’ente, l’area esterna di
un edificio condominiale va ritenuta presuntivamente comune. Ecco che nella vicenda, mancando prova contraria, il diritto di ciascuno sulle parti comuni era proporzionale al valore della propria unità mentre il godimento, per espresso accordo, poteva attribuirsi in maniera non proporzionale a tale valore. Essenziale, che il singolo si serva del bene comune senza alterarne la destinazione economica o
impedirne il pari uso.
Ma nella fattispecie si trattava solo di un problema di gestione dell’area parcheggio e la questione era: ad ogni unità, pur accorpata, spettava un posto o due? Il Tribunale richiama Cassazione 20032/2004: il diritto al parcheggio legato ad ogni unità acquistata non “cade” se il proprietario di due unità le accorpi. Diversamente, non solo verrebbe frustrata la ratio della norma (deflazione della domanda di spazi per
parcheggio nelle aree destinate alla pubblica circolazione) ma perché disporre a piacere del bene è facoltà del proprietario. Ed era, peraltro, irragionevole far dipendere la quantità di superficie riservata a parcheggio per unità dal fatto che l’accorpamento fosse stato effettuato in fase di costruzione, prima della vendita o dopo di essa. La soluzione doveva essere la medesima.
Queste le ragioni per cui il Tribunale di Vasto sancisce il diritto dell’attore a disporre, nell’ambito dello spazio condominiale complessivamente destinato a parcheggio, di due posti auto corrispondenti ai due alloggi previsti alla costruzione. E spetterà all’assemblea individuare e delimitare i posti e le modalità d’uso che consentano l’uso paritetico. Le delibere, pertanto, erano nulle per lesione del diritto di comproprietà sulle parti comuni. Questa, la motivazione per cui il Tribunale accoglie la domanda e condanna il condominio alle spese di causa.