L’amministratore citato nei giudizi inerenti le parti comuni – tenuto a darne pronta notizia all’assemblea – può costituirsi o impugnare la sentenza sfavorevole anche senza previa autorizzazione assembleare ma il suo operato andrà ratificato, pena l’inammissibilità delle iniziative processuali. Lo sottolinea il Tribunale di Civitavecchia con sentenza numero 35 del 13 gennaio 2021.
I fatti
È la proprietaria di un immobile ad accendere la questione impugnando una delibera per diversi motivi: irregolare convocazione dell’assemblea, omessa indicazione dei nominativi degli assenti e delle rispettive quote millesimali, mancato quorum costitutivo e deliberativo, conflitto d’interessi. Il condominio si costituisce negando le scorrettezze ma, alla prima udienza di trattazione, il legale della donna eccepisce
la nullità della procura conferita all’avvocato proveniente – contesta – dall’amministratore dello stabile e non da una delibera assembleare. Domanda bocciata.
La non necessità di autorizzazione
Secondo l’insegnamento delle sezioni Unite della Cassazione (18331/2010) l’amministratore, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni, ed essendo tenuto a dare notizia all’assemblea sia della citazione che del provvedimento esorbitante dai suoi poteri, può costituirsi in giudizio ed
impugnare la sentenza sfavorevole senza munirsi di previa autorizzazione dell’assemblea. In tale ipotesi, tuttavia, deve ottenere necessariamente la ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa. Ciò, per evitare la pronuncia d’inammissibilità della costituzione o dell’impugnazione.
In altri termini, la ratifica assembleare vale a sanare retroattivamente la costituzione processuale dell’amministratore sprovvisto dell’ok assembleare, vanificando le eccezioni d’inammissibilità. Peraltro, ribadisce Cassazione 12525/2018 , tale necessità di autorizzazione o di ratifica assembleare per la costituzione in giudizio dell’amministratore riguarda solo le cause esorbitanti le sue attribuzioni. Nella
vicenda, quindi, l’autorizzazione o ratifica della procura, conferita in calce alla comparsa di risposta, non occorreva giacché l’esecuzione e la difesa delle delibere assembleari rientrava fra le attribuzioni proprie del gestore.
Il verbale di assemblea scrittura privata
Tanto chiarito, il Tribunale si sofferma sulle irregolarità reclamate dalla signora. Il mancato invio della convocazione a mezzo raccomandata, marca, non costituiva ragione di invalidità della delibera e l’omessa verbalizzazione degli assenti neppure influiva. In effetti, l’articolo 1136 comma 6 del Codice civile, ricorda il giudice di Civitavecchia, prevede che l’assemblea non possa deliberare se non consta che i condòmini siano stati tutti e regolarmente convoc ati. Era stato, però, depositato l’elenco dei presenti (con i rispettivi millesimi) e l’amministratore aveva aperto la discussione dopo aver verificato la regolarità della convocazione dando atto della presenza di 78 su 129 condòmini.
Ed essendo il verbale condominiale una scrittura privata – il cui valore di prova legale è limitato alla provenienza delle dichiarazioni dai sottoscrittori e non si estende al contenuto – per impugnarlo non occorre che sia proposta querela di falso potendosi far ricorso ad ogni mezzo di prova. Tuttavia, è chi impugni la delibera a dover sovvertire la presunzione di validità (evenienza non verificatasi nella fattispecie concreta).
Infine, circa il rilevato mancato raggiungimento del quorum fissato per le deliberazioni sulla ricostruzione dell’edificio o per le riparazioni extra, bastava la maggioranza ottenuta. Così, escluso pure l’ipotizzato conflitto di interessi della collaboratrice dell’amministratore (il cui voto, per le deleghe ricevute, sarebbe stato determinante) – non potendo il divieto di deleghe conferite all’amministratore estendersi analogicamente ai suoi dipendenti – la domanda formulata dalla donna andava respinta.